Sono passati 9 mesi dalla scadenza del CCNL degli autoferrotranvieri ed ancora non è stato raggiunto alcun accordo.
In campo sono presenti due piattaforme: una presentata da Cgil-Cisl-Uil che nella parte economica richiede un aumento medio di € 131 comprensivo dei € 25, mancanti dal precedente biennio; l'altra presentata dal Coordinamento dei sindacati di base (formato dal Sult, Sin-Cobas, Cub-Rdb, Slai-Cobas, Conf. Cobas) che prevede un aumento di circa 220 €.
Cgil-Cisl-Uil hanno proclamato uno sciopero a luglio e sono attualmente impegnate in una trattativa con Asstra (l'associazione delle aziende di trasporto) che è disponibile ad offrire 50 euro.
Il Coordinamento dei sindacati di base ha proclamato tre scioperi per difendere la propria piattaforma e chiedere di essere ammessa la tavolo di trattativa, dal quale è escluso, l'ultimo dei quali è avvenuto il 15/9.
Secondo i dati forniti dallo stesso Coordinamento, lo sciopero ha avuto una adesione relativamente alta: 40% di media a Napoli, 50% a Cagliari, Milano e Roma, oltre il 60% a Venezia, 70% Bologna, 80% Reggio Emilia, 90% Ferrara, 100% Livorno, 59% Gorizia, 30% Firenze, ecc.
Le aziende forniscono dati contrastanti rispetto ai precedenti: a Milano ci sarebbe stato il 40% di adesioni, a Roma le linee autobus avrebbero scioperato al 25%, la metro A si è fermata mentre la metro B ha subito rallentamenti, a Firenze il 12%, a Bologna il 70%, a Bari nessuna adesione allo sciopero, a Napoli il 23%, a Cagliari il 25%, a Venezia il 63%, a Verona il 13%, a Torino il 20%.
Il dato di Milano, seppur la metropolitana abbia funzionato regolarmente e nonostante siamo lontani per numeri e per ambiente respirato nei depositi dalle lotte di inizio anno, mostra come l'offerta del comune di Milano di un contratto territoriale non ha avuto l'effetto di creare terra bruciata intorno allo sciopero.
Sono anni che governo, confindustria e tutte le associazioni padronali tentano di ridimensionare il ruolo del contratto nazionale. Un contratto territoriale sarebbe un arma in più nelle mani dei padroni per scavalcare il contratto nazionale, oggi per gli autoferrotranvieri e domani per tutte le altre categorie. Oggi tutte le sigle sindacali si dichiarano contrarie all’ipotesi di un contratto territoriale che aprirebbe la strada alla reintroduzione su larga scala delle gabbie salariali. Saremo in grado di resistere alla prossima offensiva padronale in questa direzione? La politica della concertazione sin qui seguita dalla direzione sindacale ha facilitato questo attacco che, ricordiamolo, divide i lavoratori, gli toglie potere contrattuale ed in ultima analisi non rappresenta altro che un meccanismo che produrrà una riduzione generalizzata dei salari.
Se la trattativa nazionale dovesse nuovamente impantanarsi la spinta alla ricerca di contratti separati tornerà con forza a farsi strada e persino alcune sigle sindacali potrebbero cadere nel tranello. La necessità di una esame minuzioso sull’andamento degli scioperi finora effettuati e sul corso della trattativa sono imprescindibili per riuscire ad indicare uno sbocco ed una prospettiva alla lotta.
Nonostante la repressione delle lotte del dicembre-gennaio scorsi e la stanchezza accumulata non ancora completamente scrollata dalla spalle dei tranvieri ed aldilà della battaglie sulle cifre, l'adesione dimostra comunque che non si è spenta la volontà di un settore significativo dei lavoratori alla mobilitazione. Tuttavia, la forza d’urto messa in campo non è ancora sufficiente a rilanciare l’insieme della mobilitazione. E’ necessario riconoscere che l’adesione allo sciopero è rimasta limitata nelle aziende di tradizionale radicamento delle sigle sindacali che hanno proclamato lo sciopero.
Resta la difficoltà del sindacalismo di base di saper offrire non solo una piattaforma migliore, ma una strategia ed un metodo di lotta che sappia raggiungere realmente a tutti i lavoratori del settore ed irrompere nel campo del settore ancora maggioritario dei lavoratori che ancora ritengono il sindacato confederale come il loro sindacato e si pongono nell'ottica di scalzare le attuali direzioni del movimento operaio.
Oggi i dirigenti sindacali sono ancora saldamente inchiodati alle loro posizioni, nonostante abbiano più volte mostrato la loro incapacità a bloccare il processo di privatizzazione del settore che sta portando un peggioramento delle condizioni di lavoro ed al peggioramento del servizio.
Il motore principale della mobilitazione scorsa è stata la spontaneità della lotta, che era certamente sintomo di malessere, rabbia e volontà di battersi da parte dei lavoratori. Il limite principale stato è il non essere riusciti ad aggiungere l’elemento dell’organizzazione, del coordinamento e la definizione di una strategia.
Se non si sviluppa una discussione che parta dai limiti espressi nel corso delle mobilitazioni di dicembre e gennaio scorsi rischiamo di trovarci nuovamente impreparati di fronte alle prospettive future. E’ necessario eleggere sin da subito rappresentanti in ogni deposito, che rispondano direttamente alle assemblee dei lavoratori e siano revocabili in qualsiasi momento. Solo estendendo a tutte le aziende del settore questo principio possiamo creare coordinamenti dapprima locali e successivamente un coordinamento nazionale realmente rappresentativo che possa sedersi al tavolo delle trattative con un mandato chiaro da parte dei lavoratori.
Comunque vada l’esito delle trattative aperte la necessità di una direzione democratica, rappresentativa e combattiva della lotta tornerà pressante.
La contraddizione tra le aspirazione dei lavoratori ad una politica che sia in grado di difendere ed estendere le tutele e le conquiste dei lavoratori si scontra con la mancanza di una opposizione organizzata all'interno della Cgil che sappia unire le proprie forze a quelle delle migliaia di lavoratori che si sono mobilitati anche organizzati dal sindacalismo di base. I vertici della sinistra sindacale in Cgil non hanno nemmeno tentato di alzare la voce dopo la lotta e le mobilitazioni di dicembre-gennaio. Si è dimostrata del tutto incapace di uscire dalla logica della pura opposizione d'apparato e di praticare sul campo una linea effettivamente alternativa.
La costruzione di una alternativa agli attuali dirigenti del movimento operaio spetta dunque direttamente ai lavoratori. Per parte nostra, saremo in prima fila in questa battaglia.
20 settembre 2004
La nostra voce - lavoratori e delegati per un sindacato democratico e
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