Il 18 novembre è stato firmato il nuovo Ccnl degli autoferrotranvieri che
interessa gli oltre 116.000 dipendenti del settore del trasporto pubblico
locale.
Dopo le mobilitazioni dello scorso dicembre e gennaio, dove i lavoratori
avevano strappato il rinnovo del biennio economico ormai scaduto scavalcando le
stesse indicazioni delle organizzazioni sindacali, molti erano i timori dei
lavoratori di fronte alla possibilità di rivedere un film già visto, con
scioperi rituali e trattative che apparivano non scalfire la determinazione dei
padroni a non cedere ulteriormente alle richieste dei sindacati e dei
lavoratori.
La dichiarata rottura delle trattative da parte delle segreterie nazionali
di Filt Cgil - Fit Cisl - Uilt Uil del 10 novembre confermava appieno questi
timori.
Tuttavia, la firma è stata raggiunta pochi giorni dopo. Cosa a smorzato la
rigidità del governo e delle aziende?
Sicuramente l'avvicinarsi della data del 1° dicembre ha giocato un ruolo
nello spingere tutti a sforzarsi per trovare un accordo. La paura di rivedere
un riaccendersi di nuove mobilitazioni proprio nella data simbolo della lotta
dei lavoratori della Atm di Milano ha aleggiato su tutta la trattativa, tanto
più quando i sindacati di base hanno indetto uno sciopero proprio in coincidenza
con quella data.
Soprattutto, crediamo, ha contribuito la scarsa determinazione con la quale
i rappresentanti sindacali hanno difeso gli interessi dei lavoratori. Infatti,
l'accordo raggiunto non solo non produce alcun passo in avanti sostanziale in
termini economici, ma presenta pesanti arretramenti normativi per tutti i
lavoratori del settore. Inoltre, non rispetta minimamente nemmeno la stessa
proposta di piattaforma rivendicativa avanzata da Cgil-Cisl-Uil nei mesi
scorsi.
Adeguamenti economici
L'accordo prevede un aumento salariale di 105 euro al parametro 175 che
verranno diluiti nel tempo:
- 40 euro con le competenze di dicembre 2004
- 30 euro con le competenze di giugno 2005
- 35 euro con le competenze di settembre 2005
Per il pregresso è stato riconosciuto un arretrato di 500 euro diviso in due
quote di 250 euro che verranno pagate con le competenze di gennaio 2005 e marzo
2005.
La piattaforma sindacale richiedeva una riconferma delle "scadenze
delle fasi di contrattazione". Gli aumenti che avrebbero dovuto essere
erogati a partire dal gennaio 2004 li avremo... a settembre 2005, a pochi mesi
dall'avvio del prossimo biennio economico! Accettare una proposta in tal senso
significa mettere in forte discussione la possibilità di ottenere l'adeguamento
prossimo nei tempi previsti.
Inoltre, si richiedeva di riproporzionare la retribuzione convenzionale al
parametro medio di riferimento 167 in considerazione che il parametro di
riferimento utilizzato nello scorso rinnovo contrattuale è molto al di sopra
della media del settore (nota: nel settore i livelli contrattuali sono stati
sostituiti da una scala parametrale che va da 100 a 250). Nulla di tutto ciò è
avvenuto. L'adeguamento salariale richiesto era di € 131,00 al parametro 167.
L'accordo, come detto, ne prevede 105,00 per un parametro più alto... e diluito
fino a settembre 2005!
Secondo uno studio della Ires-Cgil negli ultimi tre anni i lavoratori
dipendenti hanno perso 1.224 euro, di cui 708 di pura perdita di potere
d'acquisto. L'accordo raggiunto, che non permetterà di adeguare i salari
all'andamento dell'inflazione reale, contribuirà ad allargare il divario tra le
retribuzioni nominali e il potere di acquisto.
Mercato del lavoro
La proposta sindacale recitava "E' necessario riconoscere nel contratto
che le forme di rapporto di lavoro atipico sono incompatibili con la qualità,
la continuità e la stessa sicurezza del servizio". Più avanti "le
forme di contratto precario devono essere escluse per il personale
dell'esercizio".
Nella presentazione fatta circolare a corredo del Ccnl raggiunto si
sbandiera che si regolano alcuni istituti, se ne limitano altri e si escludono
alcune forme di lavoro flessibile. La realtà è che il Ccnl recepisce
sostanzialmente la normativa Biagi sul mercato del lavoro: contratti a termine,
lavoro a tempo parziale, contratti di inserimento/reinserimento, apprendistato
professionalizzante, lavoro somministrato, tele lavoro e lavoro ripartito. Le
norme che prevedono alcuni tetti sull'utilizzo di questi contratti di lavoro
sono ridicole. Infatti, le aziende potranno usare i contratti ripartiti
nell'ordine del 2% della forza totale, un altro 2% potrà avere un contratto di
somministrazione, un ulteriore 2% potrà essere utilizzato in telelavoro, i
contratti a tempo determinato e part-time potranno raggiungere la percentuale
del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato per le aziende con oltre 500
dipendenti, percentuale che può raggiungere il 35% per le aziende con meno di
50 dipendenti!
Non ci sono limiti per i contratti di "apprendistato professionalizzanti".
Il nome è accattivante, ma il contenuto sicuramente meno. Questo istituto
"innovativo" potrà essere usato per i giovani fino a 29 anni; il
contratto potrà durare fino a 36 mesi (ben peggio dei vecchi Cfl); la retribuzione
aziendale verrà riconosciuta solo in una percentuale variabile dal 20 al 50% e
solo dal 19 mese di lavoro in poi; per la malattia ed infortunio non sul lavoro
l'apprendista ha diritto ad un trattamento assistenziale a carico del datore di
lavoro pari al 50% della retribuzione normale per i primi 3 giorni, vi lasciamo
immaginare chi pagherà il restante 50%.
Il fatto che saranno nella maggior parte dei casi i futuri assunti ad avere
queste condizioni non deve farci sentire più sicuri. Il nostro lavoro sarà più
precario, le condizioni di lavoro peggioreranno, i lavoratori avranno una
difficoltà in più ad organizzarsi.
Tuttavia, ci informano che i giovani lavoratori assunti dopo il 1° gennaio
2001 percepiranno la bellezza di 18 euro (lordi ovviamente) in più... a partire
dal 48° mese di lavoro. Ci piacerebbe dividere la pizza e la birra gentilmente
offertaci con qualche membro della delegazione sindacale trattante. In compenso
ci piacerebbe molto vedere qualche dirigente sindacale sbarcare il lunario con
il nostro stipendio.
Orario di lavoro
Nella piattaforma si richiedeva la riduzione dell'orario da 39 a 38 ore
settimanali. Il nuovo Ccnl prevede la bellezza di 16 ore annue di riduzione di
orario e nemmeno immediatamente esigibili: 8 ore dal 2005, altre 8 ore dal
2006, ma solo nelle realtà dove l'orario medio settimanale è di 39 ore
effettive e sono previsti solo 52 riposi annui. In questo modo la stragrande
maggioranza del personale, dove esistono contratti aziendali migliorativi della
normativa nazionale, non avrà nemmeno questa fantomatica riduzione dell'orario
di lavoro.
Inquadramento professionale
La riparametrazione imposta dal Ccnl 2000-2003 ha introdotto veri e propri
salari d’ingresso, ha prodotto forti disuguaglianze e frustrato le aspettative
dei giovani lavoratori. Infatti, il vecchio contratto prevedeva dei passaggi di
parametro automatici col decorso del tempo. Ad esempio per i conducenti di
linea era previsto un parametro di ingresso pari a 140, dopo 9 anni il primo
passaggio di parametro al 158, dopo ulteriori 7 anni al parametro 175 e dopo
altri 5 (se si sopravvive a 21 anni di guida) si raggiunge il parametro 183. La
proposta sindacale prevedeva di ribaltare la sequenza 9-7-5 in 5-7-9. Il nuovo
Ccnl prevede una riconferma sostanziale della classificazione con l'anticipo di
un anno, ma solo per le qualifiche di Operatore di esercizio, Capo treno e di
Macchinista. Nessun miglioramento per gli altri lavoratori inquadrati nelle
altre qualifiche. Soprattutto rimane in vigore il doppio regime tra vecchi e
nuovi assunti che percepiranno comunque un salario più basso pur svolgendo le
stesse mansioni.
L’esito della trattativa non può essere giudicata soddisfacente. Sarà
importante nelle assemblee che si terranno e nella consultazione votare NO al
nuovo contratto per esprimere un dissenso non solo all'accordo raggiunto, ma
anche alla gestione stessa della trattativa, che ha rimarcato gli stessi passi
della precedente: concertazione al ribasso e senza la possibilità reale per i
lavoratori di incidere sul corso della stessa.
I lavoratori hanno partecipato in massa agli scioperi proclamati, ma la
volontà di raggiungere un accordo dignitoso è nuovamente frustrata dall'esito
raggiunto.
La necessità di una direzione democratica, rappresentativa e combattiva
della lotta è ormai pressante.
La contraddizione tra la aspirazione dei lavoratori ad una politica che sia
in grado di difendere ed estendere le tutele e le conquiste dei lavoratori si
scontra con la mancanza di una direzione alternativa che sappia dare voce ed
organizzare la critica diffusa tra i lavoratori. Lo scorso anno la rabbia dei
lavoratori si è espressa scavalcando le organizzazioni sindacali; oggi, la
mancanza di una direzione combattiva deve trovare forza all'interno stesso
delle organizzazioni sindacali.