La Nostra voce

 

ATM: La repressione

non fermerà i lavoratori!

 

Prepariamo le prossime mobilitazioni per la difesa del contratto e dell’occupazione

 


Sono passati oltre 9 mesi dalle mobilitazioni degli autoferrotranvieri del dicembre e gennaio scorsi.

Quelle mobilitazioni sono apparse inizialmente a molti come improvvise, impreviste ed imprevedibili. Nella realtà quelle mobilitazioni sono avvenute dopo due anni interminabili di tempo speso dalle organizzazioni sindacali ai tavoli di trattative con governo e controparti e di scioperi rituali che non sono stati in grado di far avanzare di un solo millimetro le richieste dei lavoratori.

E' solo grazie alla spinta di tutti i lavoratori, che hanno preso direttamente in mano le redini della lotta, che siamo riusciti a strappare un accordo.

Nei nostri portafogli mancano ancora circa 2.000 euro di arretrati ed altri 25 euro dalle nostre buste paga. Inoltre, sono passati ormai 10 mesi dalla scadenza del CCNL degli autoferrotranvieri ed ancora non è stato raggiunto alcun risultato tangibile.

L'accordo raggiunto a gennaio lo abbiamo giudicato insoddisfacente: perché non ci hanno dato quello che ci spettava e soprattutto perché non rifletteva in nessun modo i rapporti di forza che eravamo riusciti a creare nel paese. C'erano tutte le condizioni per ottenere di più ma è mancata la volontà da parte dei vertici sindacali che hanno preferito tentare di spegnere la lotta lasciandola isolata.

Nonostante questo abbiamo ottenuto una vittoria politica di grande portata: abbiamo dimostrato che valgono molto di più due mesi di scioperi duri, di lotta vera, che anni di trattative e di politica puramente concertativa.

Ora vogliono attaccare la nostra vittoria e mettere una pietra sopra la nostra mobilitazione. Vogliono una sconfitta politica della nostra lotta. Vogliono dimostrare che nessuno può alzare la testa e vogliono colpirci per questo. Vogliono mostrare a tutti i lavoratori che in realtà siamo deboli e divisi. Non vogliono che ci sia qualcuno che possa essere un punto di riferimento per l'insieme dei lavoratori di questo paese.

Hanno intenzione di attaccare i diritti di tutti: non vogliono aumentare i nostri salari, vogliono usurparci il nostro Tfr, toglierci le nostre pensioni, precarizzare e rendere incerto il nostro stesso posto di lavoro, ecc.

E' un attacco generalizzato alle condizioni di vita e lavoro di tutti i lavoratori di oggi e di domani che ci deve vedere ancora scendere in campo ed a testa alta.

Per arginare una possibile nuova esplosione dei conflitti, la commissione di garanzia (ed il governo) ha imposto nei mesi scorsi alle aziende di usare la mano pesante nei confronti degli scioperi dei mesi scorsi.

La repressione nei confronti dei lavoratori non si ferma ai provvedimenti disciplinari contestati dalle aziende e dalla Commissione di garanzia.

Infatti, potrebbero giugere nelle nostre case 4.118 decreti di condanna per interruzione di pubblico servizio e la mancata osservanza dell'ordine di precettazione del prefetto. Le condanna potrebbero arrivare a 15 giorni di reclusione e la pena può essere sostituita con una sanzione pecuniaria che va dai 600 ai 760 euro.

Di fronte a questo attacco non possiamo limitarci ad una opposizione giudiziaria nelle aule di tribunale. Non possiamo nemmeno dichiaraarci disponibili al carcere pur di non pagare le multe, né richiedere di mettere una croce sopra agli aumenti che ci spettano pur di non pagare le sanzioni. Non servirà immolarsi individualmente per salvarci dall'attacco generalizzato ai nostri diritti.

I lavoratori hanno già pagato, con le trattenute per gli scioperi che hanno svolto regolarmente nei due anni precedenti, con le trattenute per gli scioperi di dicembre e gennaio (a Milano fino a 7 giornate tra astensioni dal lavoro con il rispetto delle fasce di garanzia e quelle “improvvise”) e con il mancato aumento dello stipendio dovuto da due anni, che hanno ingrassato i conti delle aziende e degli enti locali.

Tutti i provvedimenti a carico dei lavoratori devono essere ritirati! I lavoratori non possono essere chiamati a pagare per il comportamento conseguente all’arroganza delle aziende, degli enti locali e del governo che non hanno voluto riconoscere un adeguamento salariale stabilito e dovuto da tempo.

La repressione della Commissione di garanzia, dei prefetti e delle aziende non deve fermare la volontà di lotta dei lavoratori.

La lotta di classe non si precetta e nemmeno la repressione più dura fermerà l’ascesa delle mobilitazioni future.

Dobbiamo essere chiari e dare una risposta politica all'altezza dell'attacco che viene portato avanti nei nostri confronti. Dobbiamo rispondere  facendo ripartire la mobilitazione su un livello più alto, costruendo le condizioni per la proclamazione di uno sciopero generale di tutto il settore dei trasporti.

Il motore principale delle ultime mobilitazioni è stato la spontaneità della lotta, che era certamente sintomo di malessere, rabbia e volontà di battersi da parte dei lavoratori. Il limite principale è stato il non essere riusciti ad aggiungere l’elemento dell’organizzazione, del coordinamento e la definizione di una strategia.

Nella lotta di dicembre e gennaio abbiamo vissuto momenti difficili all’interno dei depositi ogni qual volta si doveva decidere la strategia da intraprendere per rendere efficaci gli sforzi dei lavoratori di ogni deposito.

Nella lotta di dicembre e gennaio abbiamo creato tutte le condizioni per vincere, tranne una: una direzione riconosciuta dai lavoratori all’altezza della situazione.

In mancanza di rappresentanti, eletti democraticamente nelle assemblee di ogni località, era inevitabile che a prevalere sulle scelte dei lavoratori erano le calunnie fatte circolare appositamente da chi queste lotte le ha scientemente boicottate.

Se non si sviluppa una discussione che parta dai limiti espressi nel corso della scorsa mobilitazioni rischiamo di trovarci nuovamente impreparati di fronte all'attacco che ci viene portato avanti.

E’ necessario eleggere sin da subito rappresentanti in ogni deposito, che rispondano direttamente alle assemblee dei lavoratori e siano revocabili in qualsiasi momento. Solo estendendo a tutte le aziende del settore questo principio possiamo creare coordinamenti dapprima locali e successivamente un coordinamento nazionale realmente rappresentativo che possa sedersi al tavolo delle trattative con un mandato chiaro da parte dei lavoratori.

La costruzione di una alternativa agli attuali dirigenti del movimento operaio spetta direttamente ai lavoratori. Non possiamo farci trovare nuovamente impreparati di fronte al nuovo attacco verso i tranvieri: costruiamo questa alternativa partendo da ogni deposito, officina ed ufficio!

 

 

 

Milano, 04 ottobre 2004