Sono trascorsi ormai dieci mesi dalla scadenza del Ccnl degli autoferrotranvieri e dalla trattativa portata avanti da Cgil-Cisl-Uil con governo ed Asstra (associazione padronale) non è stato ancora raggiunto alcun risultato tangibile.
Non solo non si intravedono spiragli per una chiusura positiva delle trattative aperte, ma dai nostri portafogli continuano a mancare ancora circa 2.000 euro di arretrati ed altri 25 euro dalle nostre buste paga dovuti per effetto degli accordi precedenti.
Nel tentativo di spegnere la miccia di nuove esplosioni del conflitto, le aziende, la commissione di garanzia, i prefetti e quindi il governo, hanno deciso di usare la mano pesante verso i lavoratori che hanno partecipato alle mobilitazioni di dicembre e gennaio scorsi.
Infatti, potrebbero giungere nelle case dei tranvieri milanesi 4.197 decreti di condanna per interruzione di pubblico servizio e per la mancata osservanza dell’ordine di precettazione del prefetto. Le condanne potrebbero prevedere fino a 15 giorni di reclusione e la pena potrà essere sostituita con una sanzione pecuniaria che va dai 740 ai 1.480 euro.
I lavoratori hanno già pagato, con le trattenute per gli scioperi effettuati per ottenere un aumento dovuto da accordi precedenti, con le trattenute per gli scioperi di dicembre e gennaio (a Milano fino a sette giornate tra astensioni dal lavoro con il rispetto delle fasce di garanzia e quelle “improvvise”) e con l’aumento solo parziale dei nostri stipendi.
Di fronte a questo attacco non possiamo limitarci ad una opposizione puramente giudiziaria nelle aule di tribunale, né possiamo dichiararci disponibili al carcere pur di non pagare le multe. Tanto meno richiedere di mettere una croce sopra gli aumenti che ci spettano pur di non pagare le sanzioni. Non servirà immolarsi individualmente per salvarci dall’attacco generalizzato ai nostri diritti.
Neppure possiamo accontentarci dell’atteggiamento del sindacato che non sembra proporci altra strada che la prosecuzione in azioni di lotta isolate scadenziate una a quadrimestre, scioperi rituali ovvero la stessa politica che portò nel dicembre scorso i lavoratori a scavalcare le indicazioni delle organizzazioni sindacali e prendere in mano direttamente le redini della lotta.
L’attacco che viene portato avanti non é rivolto solo ai nostri portafogli, ma alle condizioni di lavoro ed alla stessa qualità del servizio.
È necessario un salto di qualità della nostra mobilitazione che possa rispondere alla gravità dell’attacco rivolto contro l’insieme dei diritti dei lavoratori.
Sono anni che governo, confindustria e tutte le associazioni padronali tentano di ridimensionare il ruolo del contratto nazionale. Oggi si rilancia nuovamente lo spauracchio dei contratti territoriali nel settore del trasporto pubblico locale.
Un contratto territoriale, anche solo in poche realtà importanti, sarebbe un arma in più nelle mani dei padroni per scavalcare il contratto nazionale, oggi per gli autoferrotranvieri e domani per tutte le altre categorie. Una ipotesi simile aprirebbe la strada alla reintroduzione su larga scala delle gabbie salariali che dividono i lavoratori, toglie loro potere contrattuale ed in ultima analisi non rappresenterebbe altro che un meccanismo che produrrebbe una riduzione generalizzata dei diritti e dei salari.
Tutte le sigle sindacali si dichiarano formalmente contrarie all’ipotesi, ma se la trattativa nazionale dovesse nuovamente impantanarsi la spinta alla ricerca di contratti separati tornerà con forza a farsi strada ed alcune sigle sindacali potrebbero facilmente cadere nel tranello.
La domanda alla quale dobbiamo rispondere e se saremo in grado di resistere alla prossima offensiva padronale in questa direzione e come creare le condizioni migliori per avanzare proposte migliorative capaci di salvaguardare i posti di lavoro del settore ed i nostri diritti, migliorare le condizioni di lavoro e per aumenti salariali che producano un reale aumento del potere di acquisto delle retribuzioni.
Per raggiungere questi obiettivi, la necessità impellente per tutti i lavoratori è quella di rimettere in discussione la politica della concertazione sin qui seguita dalla direzione sindacale che si è dimostrata incapace di arginare l’offensiva padronale su tutti i terreni.
La necessità di un esame minuzioso sul corso della trattativa e sull’andamento degli scioperi finora effettuati sono imprescindibili per riuscire ad indicare uno sbocco ed una prospettiva alla lotta. È necessaria una risposta politica all’altezza dell’attacco portato avanti nei nostri confronti.
Dobbiamo rispondere facendo ripartire la mobilitazione su un livello più alto, costruendo le condizioni per la proclamazione di uno sciopero generale di tutto il settore dei trasporti.
Il motore principale delle mobilitazioni scorse è stato la spontaneità della lotta, che era certamente sintomo di malessere, rabbia e volontà di battersi da parte dei lavoratori. Il limite principale è stato il non essere riusciti ad aggiungere l’elemento dell’organizzazione, del coordinamento e la definizione di una strategia complessiva.
La costruzione di una alternativa agli attuali dirigenti del movimento operaio spetta direttamente ai lavoratori. Non possiamo farci trovare nuovamente impreparati di fronte al nuovo attacco verso i tranvieri: costruiamo questa alternativa partendo da ogni deposito, officina ed ufficio!