La lotta dei lavoratori Ups in Italia ’96-’97

 

a cura della Rsu-Ups Italia

 

 

introduzione

Spesso ci siamo sentiti chiedere da molti lavoratori e attivisti sindacali, come è stato possibile resistere per 10 mesi in difesa dei posti di lavoro con numerose iniziative diventando un punto di riferimento per molti lavoratori e delegati nel settore e nel sindacato.

Lo scopo di questo materiale è quello di rendere la nostra esperienza patrimonio utile per chi lotta in difesa del movimento operaio:

*          cercheremo di raccontare come è stato possibile costruire una presenza sindacale forte in un settore difficile quale il trasporto merci

*          come abbiamo lottato contro l’arroganza padronale, in questo caso contro la principale multinazionale del settore del trasporto merci nel mondo.

*          come abbiamo costruito una rete di relazioni e rapporti internazionali con le altre realtà Ups nel mondo.

*          quali rapporti abbiamo avuto con una categoria particolare di lavoratori autonomi quali i padroncini, punta di diamante dell’azienda ma con un potere contrattuale molto basso.

*          il rapporto con i funzionari sindacali. Apparato poco flessibile, burocratico, che il più delle volte è rimasto a guardare e altre volte ha inibito il movimento di lotta organizzato dai lavoratori

 

L’Ups  (United Parcel Service ) nel mondo

 

Multinazionale statunitense del trasporto espresso di piccoli pacchi e buste, occupa la 155a posizione tra le compagnie più importanti e l’8a per numero di addetti negli Usa (310.000 nel mondo di cui 200.000 negli Usa e 25.800 in Europa).

Nel ‘96 è stata riconosciuta per la 13a volta la “società più ammirata” del suo settore secondo la rivista Fortune.

Fondata nel 1907 a Seattle la sede attuale è ad Atlanta, nel ‘96 ha registrato un fatturato di 22,4 miliardi di $, circa 40mila miliardi di lire, con un profitto netto di 1 miliardo di $; sempre nel ‘96 ha gestito 3,15 miliardi di consegne al ritmo di 12 milioni al giorno, i clienti fissi (almeno un servizio giornaliero) sono circa 2 milioni. E’ presente oltre che negli Usa in altri 220 paesi con a disposizione 130.000 veicoli motorizzati, una flotta di 221 aerei di proprietà e 302 charter in affitto.

UPS in Italia

Fatturato         

1992    148,5   miliardi

            1993    165,2   miliardi

            1994    212,4   miliardi

            1995    280      miliardi

 

Dipendenti      

1992    902      persone

            1993    850      persone

            1994    877      persone

            1995    917      persone

 

 

Addetti totale  

1992    1400    persone

1993    1650    persone

1994    1625    persone

1995    1800    persone

 

Il settore del trasporto merci in Italia

Per i delegati e i lavoratori costruire una presenza sindacale combattiva in questo settore non è cosa semplice. Infatti non ci sono tradizioni di lotte significative, tranne in alcune occasioni negli anni ‘70-80 in aziende come la Merzario e la Domenichelli dove c’era una forte presenza sindacale. Nel panorama storico del settore del trasporto merci possiamo dire che non vi sono state lotte fortemente significative nell’ultimo decennio.

È molto importante considerare le caratteristiche di questo settore con oltre 200.000 aziende che occupano meno di 110.000 dipendenti diretti e circa 300.000 indiretti.

Questa struttura del sistema del trasporto merci è il risultato di una serie di scelte di politica economica decise negli anni ‘60-’70. In quel periodo lo Stato italiano investì nel sistema stradale, attraverso lo sviluppo delle autostrade, appoggiando gli interessi del trasporto su gomme. Apparentemente una scelta felice perché flessibile, fondata sulla piccola dimensione tipica della maggioranza delle aziende del settore, ma che oggi sconta la mancanza di competitività rispetto alle nuove esigenze del mercato e all’affermarsi di sistemi produttivi basati sul principio del just in time.

Altra caratteristica del settore è quella che le aziende si concentrano per un 50-60% solo in Lombardia. Di queste all’inizio degli anni ‘90 quelle con più di 700 dipendenti sono una quindicina, mentre quelle con più di 130 dipendenti non superano la decina. Ma la caratteristica più importante è che su 2000 luoghi di lavoro la presenza sindacale è limitata a 250 realtà lavorative.[A1] 

Non solo siamo in presenza di una frammentazione delle realtà aziendali, ma anche di una frammentazione delle tipologie contrattuali che con le nuove normative (accordi di luglio ‘93 - lavoro interinale - pacchetto Treu ecc...) hanno ulteriormente diviso i lavoratori.  Non solo giovani in contratto formazione lavoro e stagionali, ma la cosa più inquietante è che sotto lo stesso tetto di un’azienda del settore convivono realtà diverse: lavoratori dipendenti, cooperative di facchinaggio, padroncini, cooperative di servizi di ufficio, autisti di linea dipendenti di aziende terze.

Il lavoro si è sempre più trasformato in precario e poco tutelato. In queste condizioni le difficoltà per la costruzione di una presenza sindacale sono enormi.

Dopo la crisi economica degli anni ‘80 che ebbe grossi effetti sull’occupazione abbiamo visto un travaso di lavoratori da dipendenti alle cooperative e autisti che sono passati, grazie all’acquisto a prezzi vantaggiosi dei mezzi, a costituirsi in aziende monoveicolari. Negli anni ‘90 c'è stato un sicuro sviluppo anche se a breve termine. Il dato rilevante della profittabilità del settore è dimostrato dalle acquisizioni fatte dalle multinazionali delle aziende già presenti che sono state pari a 900 a partire dal 1989.[A2] 

Un sicuro sviluppo come la stessa Ups ha capito acquisendo l’Alimondo in Italia ed una serie di altre aziende nei vari paesi Europei.

 

Gli anni ‘90

Nei primi anni ‘90 vi è stato un forte sviluppo del settore attraverso la semplice ricerca del profitto a breve termine sul mercato e non alla sua razionalizzazione. Il periodo ‘92-’94 è stato sicuramente il migliore grazie alle condizioni economiche generali “dinamica dei prezzi, caduta del cambio 20-30% , al contenimento della dinamica salariale e ad un forte impulso alle esportazioni e agli investimenti”[A3] 

Il ‘94, con una crescita del 4,9 % del Pil e una svalutazione dei cambi del 20%, ha visto aumentare il traffico delle merci nei primi 9 mesi del 18% verso l’estero.

Infatti “il modesto incremento salariale concordato nei CCNL - (effetto degli accordi di luglio ‘93) - ed “il deprezzamento dei cambi”[A4]  ha determinato nel ‘95 un aumento delle esportazioni dell’8,8% con alti margini di profitti superiori ai periodi precedenti.

 

Questi dati fanno riflettere su come le Organizzazioni Sindacali (OOSS) non siano state in grado di rispondere con una seria politica sulla distribuzione della ricchezza e nello sviluppo di occupazione nel settore.  Come avevano previsto alcuni analisti ed attivisti sindacali prima o poi la situazione non avrebbe retto. La storia degli ultimi anni è nota, a partire dal fallimento della Domenichelli nel’95-’96. La necessità delle aziende di raggiungere livelli di competitività e di

efficienza europei si sarebbe tramutata in processi di continue e pesanti ristrutturazioni, diverse da quelle già avvenute negli anni 70-80, investendo in tecnologia e liquidando il capitale umano.

 

L’Ups in Italia

La sua presenza sul mercato italiano risale agli inizi degli anni ‘90, come parte di un processo di acquisizioni europee, rilevando il corriere aereo espresso Alimondo.

I lavoratori hanno visto una radicale trasformazione dell’azienda, da una conduzione familiare/padronale ad una multinazionale che intelligentemente ha trasformato, nel tempo, i suoi rapporti con i dipendenti.

La politica utilizzata dalla direzione era l’insieme tra la cultura puritana “della grande famiglia che ti premia se sei devoto” a quella giapponese della qualità totale la cui massima espressione erano la costituzione dei “gruppi Kore”. Circoli di qualità che avevano la funzione di mettere insieme lavoratori e dirigenti in orari extra lavorativi per discutere su come migliorare i processi produttivi. 

Un sistema che ha determinato conseguenze nefaste nel breve periodo sulla capacità dei lavoratori di difendere i propri interessi di fronte alla controparte. 

Gli effetti più immediati furono un aumento di consenso incondizionato verso l’azienda, un aumento della produttività, ma anche nessun miglioramento salariale e soprattutto un aumento della conflittualità fra colleghi in relazione alla presentazione della “scheda di valutazione” che ogni 4-6 mesi i responsabili di reparto presentavano ai propri subalterni. Vere e proprie pagelle scolastiche dove oltre esprimere valutazioni “soggettive” sul rendimento venivano dati giudizi - come a scuola- sulla condotta e le relazioni sociali della persona.

Un processo che cercava di narcotizzare i lavoratori e la loro conflittualità, che malgrado il comportamento di alcuni che "ci credevano" e di altri che lo facevano per paura riuscì solo in parte.

La crescita

l’azienda in questi anni è notevolmente cresciuta, prima con una politica di dumping tariffario indirizzato alla conquista di quote di mercato che provocò squilibri di bilancio molto forti. I nostri capannoni erano pieni di diversa tipologia di merce, dalle buste ai bancali. In seguito, lo sviluppo del settore e soprattutto l’apertura delle frontiere nel ’92 e la svalutazione della nostra moneta, hanno determinato un grosso recupero di bilancio e di efficienza produttiva grazie alle operazioni internazionali che crescevano e garantivano maggior margini di profitto

La presenza sindacale in Ups

Per questa azienda la presenza sindacale è sempre stata vista come un ostacolo che deve essere comprato o addomesticato e se ciò non funziona, distrutto.

La Rsa, che prima del ’90 aveva ottenuto alcune buone conquiste nei suoi primi anni di vita, nel momento in cui subentrò la multinazionale statunitense non riuscì ad avere una posizione autonoma, appiattita sulle posizioni confederali, privilegiando la cogestione aziendale e il rapporto estremamente formale con la direzione.

Creare una presenza sindacale che tendesse a rimettere in seria discussione la politica concertativa non è stato facile, essendo ostacolata dalle stesse concezioni dominanti delle confederazioni sindacali.

Un lavoro lungo ma determinato, fiduciosi che prima o poi i lavoratori avrebbero capito l’errore di voler perseguire miglioramenti salariali e delle condizioni di lavoro attraverso la contrattazione individuale con l’azienda. Situazione che la rappresentanza sindacale interna aveva più o meno involontariamente contribuito  creare attraverso la propria debolezza,.

Come invertire la tendenza ?

La Rsa colse le occasioni, che la stessa politica sindacale offriva, facendo informazione e coinvolgendo i lavoratori come soggetti e non oggetti della trattativa a partire dalla battaglia sul contratto nazionale di lavoro scaduto nel ‘94  Da che parte stiamo

Infatti nel ’95, in merito al rinnovo del CCNL, la cosa più importante fu quella di costruire un gruppo di lavoratori interessati a discutere di quali problematiche si sarebbero dovute affrontare in un contratto che avesse realmente rispecchiato le loro esigenze. Una esperienza interessante che ha dimostrato come i lavoratori, se gliene viene data la possibilità, siano disposti a sacrificarsi e lottare in prima persona per migliorare le proprie condizioni di lavoro.

Non basta fare le assemblee e presentare la piattaforma contrattuale, ma è necessario un lavoro molto più complesso divulgando a tutti i lavoratori, con ampio anticipo, i contenuti della piattaforma costruita in apposite riunioni di lavoro per discutere e proporre i punti di rivendicazioni.

Il risultato dopo tre mesi di discussione fu la costruzione di emendamenti alla piattaforma presentata dalle direzioni sindacali, che ottenne un vasto consenso soprattutto su alcuni punti che, in quel periodo, erano considerati dai funzionari come “il libro dei sogni”:

* Riduzione d’orario a parità di salario;

* rifiuto dei contratti interinali (accordo di luglio ‘93);

* nessuna flessibilità nell’applicazione dell’orario dei p/t;

* 12 ore massimo di lavoro straordinario mensili;

* un aumento del salario che consentisse un reale recupero del potere d’acquisto perso nel periodo ‘92-’96, cioè da quando era stata abolita la scala mobile.

Alla prima assemblea nazionale eravamo l’unica azienda a presentare un insieme di proposte così forti tanto da essere considerati “un incidente di percorso, dei giovani avventurieri in un libro dei sogni”.

Sapevamo di rischiare di essere emarginati dalla realtà sindacale ma era fondamentale far conoscere le nostre ragioni agli altri delegati, quindi ad altri lavoratori, diffondendo in assemblea le nostre idee.

Ovviamente le nostre proposte non passarono, ma fummo di esempio a molti delegati sul tipo di rapporto democratico che si deve instaurare con i propri lavoratori e colleghi.

Questo fu anche l’inizio della crescita del consenso sindacale all’interno dell’azienda fino ad allora appiattita da diversi anni sulla modesta cifra, nella realtà milanese, di 40-50 iscritti su oltre 400 dipendenti. No ai saldi estivi CCNL 95

In seguito, nello stesso anno, ci fu la lotta per le pensioni contro il governo di Berlusconi.

Occasione che offrì le possibilità per rafforzare il rapporto del comitato dei lavoratori con le Rsa. Allora ci siamo impegnati non solo a spiegare ai lavoratori la necessità di lottare contro il taglio delle pensioni, ma anche stimolandoli ad aderire alle manifestazioni indette dalle OOSS, fino a quel momento fatto sconosciuto per loro. In quel periodo abbiamo criticato le posizioni delle confederazioni sindacali, sul contratto così come sulla vicenda delle pensioni  e l’accordo che ne è seguito con il governo Dini, questo non significava automaticamente distruggere il sindacato, ma anzi far crescere i lavoratori rendendoli soggetti critici di un processo politico-sindacale.

Dopo tre anni di intensa attività iniziavano ad emergere i primi risultati: alle elezioni delle Rsu nel ’96 (senza il vincolo del 33%) parte dei lavoratori del comitato si candidarono rinnovando di fatto il modo di concepire l’attività sindacale.

 

L’atteggiamento di semplice confronto con la controparte era ormai superato ed iniziavano ad imporsi democraticamente soggetti molto vicini alle esigenze dei lavoratori e poco avvezzi alla pratica concertativa dei confederali.

L’Ups nel ’96: la svolta

Nel ‘96 in Italia la direzione aziendale diede vita ad un progetto innovativo per la nostra realtà, ma che era la continuazione naturale di quanto già applicato in altre realtà europee negli anni precedenti: conquistare nuove quote di mercato attraverso il progetto “product lunch”, basato sulla selezione dei clienti optando in maniera esclusiva per un mercato che rispecchiasse la caratteristica naturale della multinazionale: la spedizione espressa. 

Aumentare le tariffe cercando di mantenere il livello di efficienza competitivo, ma soprattutto rivoluzionare il servizio facendo notevoli investimenti per inserire tecnologia innovativa per diverse decine di miliardi.

Il tutto doveva servire per lanciare la nuova campagna europea che avrebbe cambiato radicalmente la faccia dell’azienda. Una nuova “strategia che ci porterà al successo in Europa”. Questo riportava il documento interno attraverso il quale si cercava di sensibilizzare i dipendenti su questa inevitabile necessità.

E di seguito: “conquistare il mercato attraverso prezzi competitivi, riduzione dei costi d’esercizio, la standardizzazione dei servizi e dell’operatività attraverso dipendenti efficienti, servizievoli ed affidabili che non temono il cambiamento necessario in un mercato estremamente variabile”.

L'azienda inizia un forte processo d'investimento con l'apertura di un centro di assistenza telefonica per i clienti (CSTC) a Vimodrone (prov. di Milano) collegato con tutte le filiali italiane investendo in tecnologia per 8,5 miliardi. Acquista un sistema automatico per la misurazione dei pesi installato sui nastri di smistamento dei pacchi nella sede di Milano.

Apre un nuovo scalo aereo a Treviso. Acquista dei computer portatili (diad) da far utilizzare agli autisti per 3,5 miliardi.

Acquista il marchio di qualità ISO 9002.

Progetta un forte investimento per potenziare l'HUB (magazzino) di Bologna.

Apre due punti vendita (Space Center) a Milano e Roma.

Considerata l'intensità e l'ammontare degli investimenti l’obbiettivo dell’'azienda era convincere i lavoratori di un futuro prospero.

Per la nuova Rsu le cose invece non erano chiare. La richiesta di un incontro ad ottobre ‘96 con l’azienda voleva essere utile per capire ed evidenziare a tutti il processo in atto.

Riportiamo il volantino prodotto dalle Rsu il 26/10/96 “Quale futuro per l’Ups Italia?”

“...forse il manuale consegnatoci nei mesi scorsi ha proprio ragione: il 1996 potrà essere ricordato dai lavoratori come l’anno della svolta.

Nuovi programmi, nuovi servizi per i clienti, nuovi strumenti tecnologici, il tutto per raggiungere un grande risultato: essere l’azienda leader nel settore espresso... la conquista del mercato attraverso prezzi competitivi, riduzione dei costi, standardizzazione dei prodotti e dei servizi... attraverso dipendenti efficienti, servizievoli ed affidabili. Ma quali sono gli effetti pratici di queste affermazioni? Qual è il prezzo da pagare per ottenere questi obbiettivi?

Da queste dichiarazioni si iniziava a fare un’analisi di quello che in quel momento stava accadendo.

Sul trasferimento del servizio clienti alla nuova sede di Vimodrone.

“La nuova sede è un esempio di come una struttura moderna e confortevole non necessariamente comporti anche buone condizioni di lavoro. Numerose sono state le difficoltà riscontrate: l’azienda non ha riconosciuto la Rsu di Milano come rappresentativa anche dei lavoratori di Vimodrone - perché nuova unità produttiva - ma contemporaneamente, in palese contraddizione, neanche l’indennità prevista dall’art. 35 CCNL ai lavoratori trasferiti”

“Le condizioni di lavoro sono particolarmente difficili, le chiamate che s’inseriscono automaticamente nelle cuffiette con un suono ripetitivo e fastidioso obbligano a dei ritmi lavorativi decisamente elevati e stressanti. Le pause non sono gestite secondo le esigenze fisiologiche dei lavoratori ma secondo le esigenze aziendali”.

L'assunzione di numerose lavoratrici giovani e soprattutto con contratto part-time, la caratteristica delle loro mansioni non permettono la conoscenza e il rispetto delle regole dettate dal CCNL e dalla tipologia del loro contratto di assunzione a cominciare dagli orari di lavoro.

“L’introduzione del sabato lavorativo in relazione ai nuovi servizi, intesa come normale giornata lavorativa, permette all’azienda di retribuire un salario decisamente più basso ai propri dipendenti rispetto a quanto solitamente previsto dalla maggiorazione indicata dall’art, 18 CCNL.”

Sulla ristrutturazione di reparti nella filiale di Milano:

"L’introduzione di nuovi programmi, la scomparsa delle bolle di accompagnamento ha permesso all’azienda una riorganizzazione senza un reale coinvolgimento dei dipendenti. In particolare la fatturazione nazionale è il reparto che ha subito i maggiori cambiamenti. Nonostante la crescita professionale ed i continui miglioramenti produttivi ai lavoratori è stato comunicato ... che parte della fatturazione sarebbe stata appaltata verso ditte esterne ... lo sciopero di un ora a gennaio 96 ... ha messo in evidenza la carenza di informazioni e le contraddizioni".

Bergamo, trasferimenti = licenziamenti.

"È notizia di questi giorni il trasferimento di 13 lavoratori, sia p/t che f/t presso le sedi di Vimodrone e di Treviso che hanno la caratteristica di veri e propri licenziamenti ... La Rsu di Milano si impegna a garantire un supporto ai lavoratori di Bergamo nonché a costituire un coordinamento nazionale delle varie filiali ...”

La Rsu, coinvolgendo parecchi lavoratori, ha potuto dimostrare con argomenti inoppugnabili l'insufficienza delle risposte aziendali.

Allora cominciammo ad esprimere un forte dissenso anche con i funzionari sindacali che, non facendo una corretta valutazione della situazione, volevano aspettare che il processo fosse terminato per decidere come intervenire.

Troppe situazioni in azienda non garantivano sicurezza.

Decidemmo che l’azienda andava sollecitata, in tempi brevi, coinvolgendo i lavoratori .

Era necessario utilizzare una tattica che alzasse il più possibile il livello di coscienza e di coesione dei lavoratori, unico modo per rispondere seriamente ad una probabile ristrutturazione, in un ambiente non abituato alla conflittualità.

L'occasione per costringerla ad un serio confronto, si costruì attraverso la elaborazione e la presentazione della piattaforma contrattuale di 2° livello detto anche integrativo aziendale.

Il contratto integrativo non si rinnovava da 6 anni, le condizioni salariali e normative erano minime, partire con questo obiettivo era, secondo noi, l’unica strada per preparare i lavoratori ad una lotta seria, attraverso una serie di scioperi con blocchi ed altre iniziative, che sarebbe stata difficile gestire se non si fossero fatti dei passaggi preliminari:

1) aumentare la consapevolezza dei lavoratori sulla politica aziendale, costi e ricavi della sua attività, mettere in mostra il suo reale comportamento antisindacale.

2) aumentare il numero degli iscritti e degli attivisti intorno alla Rsu vitale se volevamo aumentare il livello di scontro.

3) riuscire a penetrare nella sede di Vimodrone (CSTC) elemento fondamentale dell'attività aziendale.

4) riuscire a creare un rapporto con i padroncini, che giocano un ruolo strategico all'interno dell'azienda, ma che non possono mobilitarsi facilmente perché estremamente ricattabili. Costruendo, quindi, una loro rappresentanza.

5) costruire un collegamento con le altre filiali Ups sul territorio nazionale.

Iniziammo a costruire la piattaforma in tempi brevissimi, lavorando intensamente perché consapevoli che il momento ideale per costringere l'azienda ad una trattativa era dicembre (picco di Natale), periodo di massima attività produttiva per uno spedizioniere. Sapevamo che i nostri funzionari sindacali nulla avrebbero fatto, se non costretti dagli eventi, per abbreviare le formalità burocratiche per la presentazione dell'integrativo.

La piattaforma, faticosamente elaborata attraverso le maglie degli accordi di luglio '93 era completata attraverso il consenso dei lavoratori nelle assemblee.

Questa piattaforma, in ritardo sui tempi previsti rispetto al picco di Natale, fu approvata e presentata all'azienda nella seconda settimana di dicembre.

I punti cardine della piattaforma erano:

* aumento salariale di due milioni (lordi)

* maggiori vincoli per l'azienda in funzione di un efficace controllo della Rsu dei processi produttivi (nastri lavorativi, trasferimenti, flessibilità, straordinari, gestione di part-time, maggiorazioni)

* miglioramento delle relazioni industriali (informazioni regolari alle Rsu sia a livello nazionale che di filiale)

* controllo delle trasformazioni del processo produttivo come esternalizzazioni, monitoraggio del lavoro in affitto e/o in appalto

* costruzione di un coordinamento europeo dei delegati Ups e suo riconoscimento.

L'azienda ovviamente tentò di prendere tempo. La Rsu non conosceva con certezza le loro intenzioni, ma doveva considerare le condizioni di coscienza dei lavoratori ancora non pronti ad una lotta dura e così ripiegammo su posizioni più concilianti ritirando le numerose assemblee di reparto programmate per quei giorni, facendo invece delle assemblee generali.

Così ci esprimevamo in un volantino dell'11 dicembre: ”... volendo prendere in considerazione le esigenze aziendali e avendo valutato positivamente la disponibilità dell’azienda ad esaminare rapidamente la piattaforma per il nostro contratto la Rsu propone di sospendere momentaneamente questa iniziativa..... con il ritiro della proposta di assemblee di reparto la Rsu ha voluto dare una prova di disponibilità ad ascoltare le ragioni aziendali (picco di natale) ora aspettiamo altrettanta disponibilità e celerità, da parte dell’azienda a rispondere positivamente alle nostre richieste.... Chiediamo a tutti i lavoratori di seguire gli sviluppi .... per poter essere pronti a mobilitarci”.

La latitanza dell'azienda nell'impegnarsi in maniera concreta spinse i lavoratori ad un'agitazione simbolica di mezz'ora che, nel pieno del picco di Natale (18/12), costrinse l'azienda a rispettare l'impegno indicando per iscritto una scadenza per l’incontro. O.d.G. sciopero

Le confederazioni cercavano di frenarci facendo considerazioni del tipo: “se alzate troppo il tiro dello scontro in questo periodo metterete in serie difficoltà l’azienda dallo sciacallaggio delle altre imprese del settore”.

L'unica cosa per noi fondamentale era non essere troppo avanti rispetto ai lavoratori meno coscienti né essere la retroguardia rispetto a quelli più sindacalizzati.

Ritirare le assemblee di reparto andando incontro alle esigenze aziendali aveva lo scopo di dimostrare ai lavoratori più dubbiosi che noi non volevamo colpire l’azienda in questo periodo così favorevole ma non potevamo nemmeno derogare ad un nostro diritto sancito dal contratto nazionale sottoscritto anche dalla nostra azienda, cioè il contratto aziendale o di secondo livello.

La posizione della Confetra, allineandosi alla posizione della Confindustria (sindacato padronale), che aveva dato indicazione alle aziende del suo settore di bloccare qualsiasi trattativa (fornendo un ulteriore alibi all'Ups), ci permise di riproporre alle confederazioni sindacali l’avvio di una vertenza generale nel settore, non solo per l'Ups, ma anche per le aziende che ancora non avevano firmato il contratto integrativo.

Nel frattempo l’azienda ci crea, involontariamente, le condizioni per la realizzazione del primo sciopero nella realtà di Vimodrone vietando lo svolgimento di una normale assemblea sindacale nel tentativo di isolare le due realtà lavorative. La reazione delle lavoratrici è tanto inaspettata quanto devastante aprendo un varco nel muro “d'ignoranza” e di isolamento costruito pazientemente dall'azienda fra le lavoratrici. Allo sciopero aderiscono più di una trentina di persone, ci sono le prime iscrizioni al sindacato e un gruppo di ragazze viene nominato come Rsa.  Difendiamo i nostri diritti

Questo importantissimo episodio sarà anche oggetto di una causa che l'azienda ha perso davanti alla Pretura di Milano per attività antisindacale.

 

A gennaio vengono programmate due nuove iniziative:

 

1)        costruire un coordinamento nazionale attraverso un intervento diretto della Rsu di Milano nelle filiali italiane della Ups

2)         lavorare per costruire l’unità con i padroncini.

 

Lo scopo era quello di capire che era necessario rafforzare la presenza sindacale nelle filiali, per poter estendere le iniziative di lotta a livello nazionale in quanto l'integrativo aziendale aveva carattere nazionale. Furono organizzate assemblee con la presenza dei delegati di Milano nelle filiali di Bergamo, Bologna, Firenze, e con una certa difficoltà a Roma. Filiali importanti ma dalle caratteristiche differenti rispetto a quella di Milano, con dei limiti oggettivi nel far sindacato.

 

Un primo risultato importante fu l’aumento dell’adesione sindacale, del prestigio e dell’autorità della Rsu di Milano. Lo aveva dimostrato quello che era avvenuto in occasione dello sciopero a Vimodrone come quello che era avvenuto a Bergamo. Dopo i licenziamenti di 13 lavoratori, furono nominati due delegati che organizzarono una assemblea con i rappresentanti di Milano. In quell’occasione l’azienda impedì l’accesso ad uno dei delegati di Milano, i lavoratori protestarono, decidendo di svolgere l’assemblea all’esterno dell’azienda. Nonostante la volontà dell’ azienda di cancellare la presenza sindacale in una filiale strategica per il traffico internazionale, i lavoratori riuscirono a costruire una presenza sindacale che riuscì a cambiare l’ambiente rendendolo meno succube delle decisioni aziendali.

Risultati incoraggianti che iniziavano a costruire migliori rapporti di forza per il futuro.

 

Ancora più importante fu la volontà di creare un fronte di lotta più ampio cercando di coinvolgere i padroncini a partire dal primo volantino distribuito il 16/01/97 “Insieme per la difesa del posto di lavoro”


 [A1]Il coordinamento difficile-le relazioni sindacali nei trasporti. Ediz. De Angeli 1995

 [A2]Il coordinamento difficile-le relazioni sindacali nei trasporti. Ediz. De Angeli 1995

 [A3]Relazione Banca d’Italia 94-95

 [A4]Relazione Banca d’Italia 94-95