La lotta
dei lavoratori Ups in Italia ’96-’97
a cura
della Rsu-Ups Italia
introduzione
Spesso ci siamo
sentiti chiedere da molti lavoratori e attivisti sindacali, come è stato
possibile resistere per 10 mesi in difesa dei posti di lavoro con numerose iniziative
diventando un punto di riferimento per molti lavoratori e delegati nel settore
e nel sindacato.
Lo scopo di
questo materiale è quello di rendere la nostra esperienza patrimonio utile per
chi lotta in difesa del movimento operaio:
* cercheremo di raccontare come è stato
possibile costruire una presenza sindacale forte in un settore difficile quale
il trasporto merci
* come abbiamo lottato contro
l’arroganza padronale, in questo caso contro la principale multinazionale del
settore del trasporto merci nel mondo.
* come abbiamo costruito una rete di
relazioni e rapporti internazionali con le altre realtà Ups nel mondo.
* quali rapporti abbiamo avuto con una
categoria particolare di lavoratori autonomi quali i padroncini, punta di
diamante dell’azienda ma con un potere contrattuale molto basso.
* il rapporto con i funzionari
sindacali. Apparato poco flessibile, burocratico, che il più delle volte è
rimasto a guardare e altre volte ha inibito il movimento di lotta organizzato
dai lavoratori
L’Ups (United Parcel Service ) nel mondo
Multinazionale
statunitense del trasporto espresso di piccoli pacchi e buste, occupa la 155a
posizione tra le compagnie più importanti e l’8a per numero di addetti negli
Usa (310.000 nel mondo di cui 200.000 negli Usa e 25.800 in Europa).
Nel ‘96 è stata
riconosciuta per la 13a volta la “società più ammirata” del suo settore secondo
la rivista Fortune.
Fondata nel 1907 a Seattle la sede attuale è ad
Atlanta, nel ‘96 ha registrato un fatturato di 22,4 miliardi di $, circa 40mila
miliardi di lire, con un profitto netto di 1 miliardo di $; sempre nel ‘96 ha
gestito 3,15 miliardi di consegne al ritmo di 12 milioni al giorno, i clienti
fissi (almeno un servizio giornaliero) sono circa 2 milioni. E’ presente oltre
che negli Usa in altri 220 paesi con a disposizione 130.000 veicoli
motorizzati, una flotta di 221 aerei di proprietà e 302 charter in affitto.
UPS in
Italia
Fatturato
1992
148,5 miliardi
1993 165,2 miliardi
1994 212,4 miliardi
1995 280 miliardi
Dipendenti
1992
902 persone
1993 850 persone
1994 877 persone
1995 917 persone
Addetti totale
1992 1400 persone
1993 1650 persone
1994 1625 persone
1995 1800 persone
Il settore del
trasporto merci in Italia
Per i delegati e
i lavoratori costruire una presenza sindacale combattiva in questo settore non
è cosa semplice. Infatti non ci sono tradizioni di lotte significative, tranne
in alcune occasioni negli anni ‘70-80 in aziende come la Merzario e la
Domenichelli dove c’era una forte presenza sindacale. Nel panorama storico del
settore del trasporto merci possiamo dire che non vi sono state lotte
fortemente significative nell’ultimo decennio.
È molto
importante considerare le caratteristiche di questo settore con oltre 200.000
aziende che occupano meno di 110.000 dipendenti diretti e circa 300.000
indiretti.
Questa struttura
del sistema del trasporto merci è il risultato di una serie di scelte di
politica economica decise negli anni ‘60-’70. In quel periodo lo Stato italiano
investì nel sistema stradale, attraverso lo sviluppo delle autostrade,
appoggiando gli interessi del trasporto su gomme. Apparentemente una scelta
felice perché flessibile, fondata sulla piccola dimensione tipica della
maggioranza delle aziende del settore, ma che oggi sconta la mancanza di
competitività rispetto alle nuove esigenze del mercato e all’affermarsi di
sistemi produttivi basati sul principio del just
in time.
Altra
caratteristica del settore è quella che le aziende si concentrano per un 50-60%
solo in Lombardia. Di queste all’inizio degli anni ‘90 quelle con più di 700
dipendenti sono una quindicina, mentre quelle con più di 130 dipendenti non
superano la decina. Ma la caratteristica più importante è che su 2000 luoghi di
lavoro la presenza sindacale è limitata a 250 realtà lavorative.[A1]
Non solo siamo
in presenza di una frammentazione delle realtà aziendali, ma anche di una
frammentazione delle tipologie contrattuali che con le nuove normative (accordi
di luglio ‘93 - lavoro interinale - pacchetto Treu ecc...) hanno ulteriormente
diviso i lavoratori. Non solo giovani in
contratto formazione lavoro e stagionali, ma la cosa più inquietante è che sotto lo stesso tetto di un’azienda del
settore convivono realtà diverse: lavoratori dipendenti, cooperative di
facchinaggio, padroncini, cooperative di servizi di ufficio, autisti di linea
dipendenti di aziende terze.
Il lavoro si è
sempre più trasformato in precario e poco tutelato. In queste condizioni le
difficoltà per la costruzione di una presenza sindacale sono enormi.
Dopo la crisi
economica degli anni ‘80 che ebbe grossi effetti sull’occupazione abbiamo visto
un travaso di lavoratori da dipendenti alle cooperative e autisti che sono
passati, grazie all’acquisto a prezzi vantaggiosi dei mezzi, a costituirsi in
aziende monoveicolari. Negli anni ‘90 c'è stato un sicuro sviluppo anche se a
breve termine. Il dato rilevante della profittabilità del settore è dimostrato
dalle acquisizioni fatte dalle multinazionali delle aziende già presenti che
sono state pari a 900 a partire dal 1989.[A2]
Un sicuro sviluppo come la stessa Ups ha capito acquisendo
l’Alimondo in Italia ed una serie di altre aziende nei vari paesi Europei.
Gli anni ‘90
Nei primi anni
‘90 vi è stato un forte sviluppo del settore attraverso la semplice ricerca del
profitto a breve termine sul mercato e non alla sua razionalizzazione. Il
periodo ‘92-’94 è stato sicuramente il migliore grazie alle condizioni
economiche generali “dinamica dei prezzi, caduta del cambio 20-30% , al
contenimento della dinamica salariale e ad un forte impulso alle esportazioni e
agli investimenti”[A3]
Il ‘94, con una
crescita del 4,9 % del Pil e una svalutazione dei cambi del 20%, ha visto
aumentare il traffico delle merci nei primi 9 mesi del 18% verso l’estero.
Infatti “il
modesto incremento salariale concordato nei CCNL - (effetto degli accordi di
luglio ‘93) - ed “il deprezzamento dei cambi”[A4] ha determinato nel ‘95 un aumento delle
esportazioni dell’8,8% con alti margini di profitti superiori ai periodi
precedenti.
Questi dati
fanno riflettere su come le Organizzazioni Sindacali (OOSS) non siano state in
grado di rispondere con una seria politica sulla distribuzione della ricchezza
e nello sviluppo di occupazione nel settore.
Come avevano previsto alcuni analisti ed attivisti sindacali prima o poi
la situazione non avrebbe retto. La storia degli ultimi anni è nota, a partire
dal fallimento della Domenichelli nel’95-’96. La necessità delle aziende di
raggiungere livelli di competitività e di
efficienza
europei si sarebbe tramutata in processi di continue e pesanti
ristrutturazioni, diverse da quelle già avvenute negli anni 70-80, investendo
in tecnologia e liquidando il capitale umano.
L’Ups in Italia
La sua presenza
sul mercato italiano risale agli inizi degli anni ‘90, come parte di un
processo di acquisizioni europee, rilevando il corriere aereo espresso
Alimondo.
I lavoratori
hanno visto una radicale trasformazione dell’azienda, da una conduzione
familiare/padronale ad una multinazionale che intelligentemente ha trasformato,
nel tempo, i suoi rapporti con i dipendenti.
La politica
utilizzata dalla direzione era l’insieme tra la cultura puritana “della grande
famiglia che ti premia se sei devoto” a quella giapponese della qualità totale
la cui massima espressione erano la costituzione dei “gruppi Kore”. Circoli di
qualità che avevano la funzione di mettere insieme lavoratori e dirigenti in
orari extra lavorativi per discutere su come migliorare i processi
produttivi.
Un sistema che
ha determinato conseguenze nefaste nel breve periodo sulla capacità dei
lavoratori di difendere i propri interessi di fronte alla controparte.
Gli effetti più
immediati furono un aumento di consenso incondizionato verso l’azienda, un
aumento della produttività, ma anche nessun miglioramento salariale e
soprattutto un aumento della conflittualità fra colleghi in relazione alla
presentazione della “scheda di valutazione” che ogni 4-6 mesi i responsabili di
reparto presentavano ai propri subalterni. Vere e proprie pagelle scolastiche
dove oltre esprimere valutazioni “soggettive” sul rendimento venivano dati
giudizi - come a scuola- sulla condotta e le relazioni sociali della persona.
Un processo che
cercava di narcotizzare i lavoratori e la loro conflittualità, che malgrado il
comportamento di alcuni che "ci credevano" e di altri che lo facevano
per paura riuscì solo in parte.
La crescita
l’azienda in
questi anni è notevolmente cresciuta, prima con una politica di dumping
tariffario indirizzato alla conquista di quote di mercato che provocò squilibri
di bilancio molto forti. I nostri capannoni erano pieni di diversa tipologia di
merce, dalle buste ai bancali. In seguito, lo sviluppo del settore e
soprattutto l’apertura delle frontiere nel ’92 e la svalutazione della nostra
moneta, hanno determinato un grosso recupero di bilancio e di efficienza
produttiva grazie alle operazioni internazionali che crescevano e garantivano
maggior margini di profitto
La presenza sindacale
in Ups
Per questa
azienda la presenza sindacale è sempre stata vista come un ostacolo che deve
essere comprato o addomesticato e se ciò non funziona, distrutto.
La Rsa, che
prima del ’90 aveva ottenuto alcune buone conquiste nei suoi primi anni di
vita, nel momento in cui subentrò la multinazionale statunitense non riuscì ad
avere una posizione autonoma, appiattita sulle posizioni confederali,
privilegiando la cogestione aziendale e il rapporto estremamente formale con la
direzione.
Creare una
presenza sindacale che tendesse a rimettere in seria discussione la politica
concertativa non è stato facile, essendo ostacolata dalle stesse concezioni
dominanti delle confederazioni sindacali.
Un lavoro lungo
ma determinato, fiduciosi che prima o poi i lavoratori avrebbero capito
l’errore di voler perseguire miglioramenti salariali e delle condizioni di
lavoro attraverso la contrattazione individuale con l’azienda. Situazione che
la rappresentanza sindacale interna aveva più o meno involontariamente
contribuito creare attraverso la propria
debolezza,.
Come invertire la tendenza ?
La Rsa colse le
occasioni, che la stessa politica sindacale offriva, facendo informazione e
coinvolgendo i lavoratori come soggetti e non oggetti della trattativa a
partire dalla battaglia sul contratto nazionale di lavoro scaduto nel ‘94 Da che parte stiamo
Infatti nel ’95,
in merito al rinnovo del CCNL, la cosa più importante fu quella di costruire un
gruppo di lavoratori interessati a discutere di quali problematiche si
sarebbero dovute affrontare in un contratto che avesse realmente rispecchiato
le loro esigenze. Una esperienza interessante che ha dimostrato come i
lavoratori, se gliene viene data la possibilità, siano disposti a sacrificarsi
e lottare in prima persona per migliorare le proprie condizioni di lavoro.
Non basta fare
le assemblee e presentare la piattaforma contrattuale, ma è necessario un
lavoro molto più complesso divulgando a tutti i lavoratori, con ampio anticipo,
i contenuti della piattaforma costruita in apposite riunioni di lavoro per
discutere e proporre i punti di rivendicazioni.
Il risultato
dopo tre mesi di discussione fu la costruzione di emendamenti alla piattaforma
presentata dalle direzioni sindacali, che ottenne un vasto consenso soprattutto
su alcuni punti che, in quel periodo, erano considerati dai funzionari come “il
libro dei sogni”:
* Riduzione
d’orario a parità di salario;
* rifiuto dei
contratti interinali (accordo di luglio ‘93);
* nessuna
flessibilità nell’applicazione dell’orario dei p/t;
* 12 ore massimo
di lavoro straordinario mensili;
* un aumento del
salario che consentisse un reale recupero del potere d’acquisto perso nel
periodo ‘92-’96, cioè da quando era stata abolita la scala mobile.
Alla prima
assemblea nazionale eravamo l’unica azienda a presentare un insieme di proposte
così forti tanto da essere considerati “un
incidente di percorso, dei giovani avventurieri in un libro dei sogni”.
Sapevamo di
rischiare di essere emarginati dalla realtà sindacale ma era fondamentale far
conoscere le nostre ragioni agli altri delegati, quindi ad altri lavoratori,
diffondendo in assemblea le nostre idee.
Ovviamente le
nostre proposte non passarono, ma fummo di esempio a molti delegati sul tipo di
rapporto democratico che si deve instaurare con i propri lavoratori e colleghi.
Questo fu anche
l’inizio della crescita del consenso sindacale all’interno dell’azienda fino ad
allora appiattita da diversi anni sulla modesta cifra, nella realtà milanese,
di 40-50 iscritti su oltre 400 dipendenti. No ai
saldi estivi CCNL 95
In seguito, nello
stesso anno, ci fu la lotta per le pensioni contro il governo di Berlusconi.
Occasione che
offrì le possibilità per rafforzare il rapporto del comitato dei lavoratori con
le Rsa. Allora ci siamo impegnati non solo a spiegare ai lavoratori la
necessità di lottare contro il taglio delle
pensioni, ma anche stimolandoli ad aderire alle manifestazioni
indette dalle OOSS, fino a quel momento fatto sconosciuto per loro. In quel periodo abbiamo criticato le posizioni delle
confederazioni sindacali, sul contratto così come sulla vicenda delle
pensioni e l’accordo che ne è seguito
con il governo Dini, questo non significava automaticamente distruggere il
sindacato, ma anzi far crescere i lavoratori rendendoli soggetti critici di un
processo politico-sindacale.
Dopo tre anni di
intensa attività iniziavano ad emergere i primi risultati: alle elezioni delle
Rsu nel ’96 (senza il vincolo del 33%) parte dei lavoratori del comitato si
candidarono rinnovando di fatto il modo di concepire l’attività sindacale.
L’atteggiamento
di semplice confronto con la controparte era ormai superato ed iniziavano ad
imporsi democraticamente soggetti molto vicini alle esigenze dei lavoratori e
poco avvezzi alla pratica concertativa dei confederali.
L’Ups nel ’96: la svolta
Nel ‘96 in
Italia la direzione aziendale diede vita ad un progetto innovativo per la
nostra realtà, ma che era la continuazione naturale di quanto già applicato in
altre realtà europee negli anni precedenti: conquistare nuove quote di mercato
attraverso il progetto “product lunch”,
basato sulla selezione dei clienti optando in maniera esclusiva per un mercato
che rispecchiasse la caratteristica naturale della multinazionale: la
spedizione espressa.
Aumentare le
tariffe cercando di mantenere il livello di efficienza competitivo, ma
soprattutto rivoluzionare il servizio facendo notevoli investimenti per
inserire tecnologia innovativa per diverse decine di miliardi.
Il tutto doveva
servire per lanciare la nuova campagna europea che avrebbe cambiato
radicalmente la faccia dell’azienda. Una nuova “strategia che ci porterà al successo
in Europa”. Questo riportava il documento interno attraverso il quale si
cercava di sensibilizzare i dipendenti su questa inevitabile necessità.
E di seguito: “conquistare il mercato attraverso prezzi
competitivi, riduzione dei costi d’esercizio, la standardizzazione dei servizi
e dell’operatività attraverso dipendenti efficienti, servizievoli ed affidabili
che non temono il cambiamento necessario in un mercato estremamente variabile”.
L'azienda inizia
un forte processo d'investimento con l'apertura di un centro di assistenza
telefonica per i clienti (CSTC) a Vimodrone (prov. di Milano) collegato con
tutte le filiali italiane investendo in tecnologia per 8,5 miliardi. Acquista
un sistema automatico per la misurazione dei pesi installato sui nastri di
smistamento dei pacchi nella sede di Milano.
Apre un nuovo
scalo aereo a Treviso. Acquista dei computer portatili (diad) da far utilizzare
agli autisti per 3,5 miliardi.
Acquista il
marchio di qualità ISO 9002.
Progetta un
forte investimento per potenziare l'HUB (magazzino) di Bologna.
Apre due punti
vendita (Space Center) a Milano e Roma.
Considerata
l'intensità e l'ammontare degli investimenti l’obbiettivo dell’'azienda era
convincere i lavoratori di un futuro prospero.
Per la nuova Rsu
le cose invece non erano chiare. La richiesta di un incontro ad ottobre ‘96 con
l’azienda voleva essere utile per capire ed evidenziare a tutti il processo in
atto.
Riportiamo il
volantino prodotto dalle Rsu il 26/10/96 “Quale futuro per
l’Ups Italia?”
“...forse il manuale consegnatoci nei
mesi scorsi ha proprio ragione: il 1996 potrà essere ricordato dai lavoratori
come l’anno della svolta.
Nuovi programmi, nuovi servizi per i
clienti, nuovi strumenti tecnologici, il tutto per raggiungere un grande
risultato: essere l’azienda leader nel settore espresso... la conquista del
mercato attraverso prezzi competitivi, riduzione dei costi, standardizzazione
dei prodotti e dei servizi... attraverso dipendenti efficienti, servizievoli ed
affidabili. Ma quali sono gli effetti pratici di queste affermazioni? Qual è il
prezzo da pagare per ottenere questi obbiettivi?”
Da queste
dichiarazioni si iniziava a fare un’analisi di quello che in quel momento stava
accadendo.
Sul
trasferimento del servizio clienti alla nuova sede di Vimodrone.
“La nuova sede è un esempio di come una
struttura moderna e confortevole non necessariamente comporti anche buone
condizioni di lavoro. Numerose sono state le difficoltà riscontrate: l’azienda
non ha riconosciuto la Rsu di Milano come rappresentativa anche dei lavoratori
di Vimodrone - perché nuova unità produttiva - ma contemporaneamente, in palese
contraddizione, neanche l’indennità prevista dall’art. 35 CCNL ai lavoratori
trasferiti”
“Le condizioni di lavoro sono
particolarmente difficili, le chiamate che s’inseriscono automaticamente nelle
cuffiette con un suono ripetitivo e fastidioso obbligano a dei ritmi lavorativi
decisamente elevati e stressanti. Le pause non sono gestite secondo le esigenze
fisiologiche dei lavoratori ma secondo le esigenze aziendali”.
L'assunzione di
numerose lavoratrici giovani e soprattutto con contratto part-time, la caratteristica
delle loro mansioni non permettono la conoscenza e il rispetto delle regole
dettate dal CCNL e dalla tipologia del loro contratto di assunzione a
cominciare dagli orari di lavoro.
“L’introduzione del sabato lavorativo in
relazione ai nuovi servizi, intesa come normale giornata lavorativa, permette
all’azienda di retribuire un salario decisamente più basso ai propri dipendenti
rispetto a quanto solitamente previsto dalla maggiorazione indicata dall’art,
18 CCNL.”
Sulla
ristrutturazione di reparti nella filiale di Milano:
"L’introduzione di nuovi programmi,
la scomparsa delle bolle di accompagnamento ha permesso all’azienda una
riorganizzazione senza un reale coinvolgimento dei dipendenti. In particolare
la fatturazione nazionale è il reparto che ha subito i maggiori cambiamenti.
Nonostante la crescita professionale ed i continui miglioramenti produttivi ai
lavoratori è stato comunicato ... che parte della fatturazione sarebbe stata
appaltata verso ditte esterne ... lo sciopero di un ora a gennaio 96 ... ha
messo in evidenza la carenza di informazioni e le contraddizioni".
Bergamo,
trasferimenti = licenziamenti.
"È notizia di questi giorni il trasferimento
di 13 lavoratori, sia p/t che f/t presso le sedi di Vimodrone e di Treviso che
hanno la caratteristica di veri e propri licenziamenti ... La Rsu di Milano si
impegna a garantire un supporto ai lavoratori di Bergamo nonché a costituire un
coordinamento nazionale delle varie filiali ...”
La Rsu,
coinvolgendo parecchi lavoratori, ha potuto dimostrare con argomenti
inoppugnabili l'insufficienza delle risposte aziendali.
Allora
cominciammo ad esprimere un forte dissenso anche con i funzionari sindacali
che, non facendo una corretta valutazione della situazione, volevano aspettare
che il processo fosse terminato per decidere come intervenire.
Troppe
situazioni in azienda non garantivano sicurezza.
Decidemmo che
l’azienda andava sollecitata, in tempi brevi, coinvolgendo i lavoratori .
Era necessario
utilizzare una tattica che alzasse il più possibile il livello di coscienza e
di coesione dei lavoratori, unico modo per rispondere seriamente ad una
probabile ristrutturazione, in un ambiente non abituato alla conflittualità.
L'occasione per costringerla ad un serio confronto, si costruì attraverso la elaborazione e la presentazione della piattaforma contrattuale di 2° livello detto anche integrativo aziendale.
Il contratto
integrativo non si rinnovava da 6 anni, le condizioni salariali e normative
erano minime, partire con questo obiettivo era, secondo noi, l’unica strada per
preparare i lavoratori ad una lotta seria, attraverso una serie di scioperi con
blocchi ed altre iniziative, che sarebbe stata difficile gestire se non si
fossero fatti dei passaggi preliminari:
1) aumentare la
consapevolezza dei lavoratori sulla politica aziendale, costi e ricavi della
sua attività, mettere in mostra il suo reale comportamento antisindacale.
2) aumentare il
numero degli iscritti e degli attivisti intorno alla Rsu vitale se volevamo
aumentare il livello di scontro.
3) riuscire a
penetrare nella sede di Vimodrone (CSTC) elemento fondamentale dell'attività
aziendale.
4) riuscire a
creare un rapporto con i padroncini, che giocano un ruolo strategico
all'interno dell'azienda, ma che non possono mobilitarsi facilmente perché
estremamente ricattabili. Costruendo, quindi, una loro rappresentanza.
5) costruire un
collegamento con le altre filiali Ups sul territorio nazionale.
Iniziammo a
costruire la piattaforma in tempi brevissimi, lavorando intensamente perché consapevoli
che il momento ideale per costringere l'azienda ad una trattativa era dicembre
(picco di Natale), periodo di massima attività produttiva per uno
spedizioniere. Sapevamo che i nostri funzionari sindacali nulla avrebbero
fatto, se non costretti dagli eventi, per abbreviare le formalità burocratiche
per la presentazione dell'integrativo.
La piattaforma,
faticosamente elaborata attraverso le maglie degli accordi di luglio '93 era
completata attraverso il consenso dei lavoratori nelle assemblee.
Questa
piattaforma, in ritardo sui tempi previsti rispetto al picco di Natale, fu
approvata e presentata all'azienda nella seconda settimana di dicembre.
I punti cardine
della piattaforma erano:
* aumento salariale di due milioni (lordi)
* maggiori vincoli per l'azienda in funzione di
un efficace controllo della Rsu dei processi produttivi (nastri lavorativi,
trasferimenti, flessibilità, straordinari, gestione di part-time,
maggiorazioni)
* miglioramento delle relazioni industriali
(informazioni regolari alle Rsu sia a livello nazionale che di filiale)
* controllo delle trasformazioni del processo
produttivo come esternalizzazioni, monitoraggio del lavoro in affitto e/o in
appalto
* costruzione di un coordinamento europeo dei
delegati Ups e suo riconoscimento.
L'azienda
ovviamente tentò di prendere tempo. La Rsu non conosceva con certezza le loro
intenzioni, ma doveva considerare le condizioni di coscienza dei lavoratori
ancora non pronti ad una lotta dura e così ripiegammo su posizioni più
concilianti ritirando le numerose assemblee di reparto programmate per quei
giorni, facendo invece delle assemblee generali.
Così ci
esprimevamo in un volantino dell'11 dicembre: ”... volendo prendere in considerazione le esigenze aziendali e avendo
valutato positivamente la disponibilità dell’azienda ad esaminare rapidamente
la piattaforma per il nostro contratto la Rsu propone di sospendere
momentaneamente questa iniziativa..... con il ritiro della proposta di
assemblee di reparto la Rsu ha voluto dare una prova di disponibilità ad
ascoltare le ragioni aziendali (picco di natale) ora aspettiamo altrettanta
disponibilità e celerità, da parte dell’azienda a rispondere positivamente alle
nostre richieste.... Chiediamo a tutti i lavoratori di seguire gli sviluppi
.... per poter essere pronti a mobilitarci”.
La latitanza
dell'azienda nell'impegnarsi in maniera concreta spinse i lavoratori ad
un'agitazione simbolica di mezz'ora che, nel pieno del picco di Natale (18/12),
costrinse l'azienda a rispettare l'impegno indicando per iscritto una scadenza
per l’incontro. O.d.G. sciopero
Le
confederazioni cercavano di frenarci facendo considerazioni del tipo: “se alzate troppo il tiro dello scontro in
questo periodo metterete in serie difficoltà l’azienda dallo sciacallaggio
delle altre imprese del settore”.
L'unica cosa per
noi fondamentale era non essere troppo avanti rispetto ai lavoratori meno
coscienti né essere la retroguardia rispetto a quelli più sindacalizzati.
Ritirare le
assemblee di reparto andando incontro alle esigenze aziendali aveva lo scopo di
dimostrare ai lavoratori più dubbiosi che noi non volevamo colpire l’azienda in
questo periodo così favorevole ma non potevamo nemmeno derogare ad un nostro
diritto sancito dal contratto nazionale sottoscritto anche dalla nostra
azienda, cioè il contratto aziendale o di secondo livello.
La posizione
della Confetra, allineandosi alla posizione della Confindustria (sindacato
padronale), che aveva dato indicazione alle aziende del suo settore di bloccare
qualsiasi trattativa (fornendo un ulteriore alibi all'Ups), ci permise di
riproporre alle confederazioni sindacali l’avvio di una vertenza generale nel
settore, non solo per l'Ups, ma anche per le aziende che ancora non avevano
firmato il contratto integrativo.
Nel frattempo
l’azienda ci crea, involontariamente, le condizioni per la realizzazione del
primo sciopero nella realtà di Vimodrone vietando lo svolgimento di una normale
assemblea sindacale nel tentativo di isolare le due realtà lavorative. La
reazione delle lavoratrici è tanto inaspettata quanto devastante aprendo un
varco nel muro “d'ignoranza” e di isolamento costruito pazientemente
dall'azienda fra le lavoratrici. Allo sciopero aderiscono più di una trentina
di persone, ci sono le prime iscrizioni al sindacato e un gruppo di ragazze viene
nominato come Rsa. Difendiamo
i nostri diritti
Questo
importantissimo episodio sarà anche oggetto di una causa che l'azienda ha perso
davanti alla Pretura di Milano per attività antisindacale.
A gennaio
vengono programmate due nuove iniziative:
1)
costruire
un coordinamento nazionale attraverso un intervento diretto della Rsu di Milano
nelle filiali italiane della Ups
2)
lavorare per costruire l’unità con i
padroncini.
Lo scopo era
quello di capire che era necessario rafforzare la presenza sindacale nelle
filiali, per poter estendere le iniziative di lotta a livello nazionale in
quanto l'integrativo aziendale aveva carattere nazionale. Furono organizzate
assemblee con la presenza dei delegati di Milano nelle filiali di Bergamo,
Bologna, Firenze, e con una certa difficoltà a Roma. Filiali importanti ma
dalle caratteristiche differenti rispetto a quella di Milano, con dei limiti
oggettivi nel far sindacato.
Un primo
risultato importante fu l’aumento dell’adesione sindacale, del prestigio e
dell’autorità della Rsu di Milano. Lo aveva dimostrato quello che era avvenuto
in occasione dello sciopero a Vimodrone come quello che era avvenuto a Bergamo.
Dopo i licenziamenti di 13 lavoratori, furono nominati due delegati che
organizzarono una assemblea con i rappresentanti di Milano. In quell’occasione
l’azienda impedì l’accesso ad uno dei delegati di Milano, i lavoratori
protestarono, decidendo di svolgere l’assemblea all’esterno dell’azienda.
Nonostante la volontà dell’ azienda di cancellare la presenza sindacale in una
filiale strategica per il traffico internazionale, i lavoratori riuscirono a
costruire una presenza sindacale che riuscì a cambiare l’ambiente rendendolo
meno succube delle decisioni aziendali.
Risultati
incoraggianti che iniziavano a costruire migliori rapporti di forza per il
futuro.
Ancora più importante fu la volontà di creare un fronte di lotta più ampio cercando di coinvolgere i padroncini a partire dal primo volantino distribuito il 16/01/97 “Insieme per la difesa del posto di lavoro”