Cos’è
l’Itf
E’ una federazione che riunisce 500 sindacati
dei lavoratori dei trasporti in più di 100 paesi. Costituisce uno dei 15
Segretariati Sindacali Internazionali, alleata alla Confederation of Free Trade
Unions (Icftu). Fondata nel 1896, è organizzata in 8 settori industriali:
marittimo, portuale, ferroviario, stradale, aviazione civile, navigazione
interna, pesca, servizi turistici.
La sua volontà è
quella di rappresentare gli interessi dei lavoratori dei trasporti a livello
mondiale attraverso la sua spinta per la solidarietà internazionale.
La
Rsu Ups e la Itf (federazione internazionale dei trasporti)
Uno degli obiettivi
della Rsu in Ups è stato quello di rafforzare la sua presenza in azienda e di
costruire relazioni e collegamenti tra le filiali attraverso un coordinamento
nazionale. Ma è stato molto importante, avendo a che fare con una
multinazionale che tende a standardizzare i processi produttivi e le condizioni
di lavoro, costruire rapporti a livello globale con le altre realtà Ups nel mondo.
Venimmo a conoscenza di
un incontro organizzato dalla Itf a Londra, l’11-12
febbraio ‘97, il cui scopo era quello di organizzare le varie realtà
sindacali europee presenti in Ups. Questo incontro era fortemente sottovalutato
dalle strutture sindacali a tal punto che non ritennero necessario
informarcene, per nostra fortuna ne venimmo a conoscenza per vie traverse. La
possibilità di avere una certa autonomia finanziaria, ci permise di partecipare
comunque all’iniziativa. Infatti l’organizzazione sindacale, ufficialmente, non
aveva i soldi per finanziarci il viaggio!!
L’incontro ha visto la
partecipazione di 11 delegazioni della realtà Ups soprattutto dall’Europa e
dalle Americhe, la maggioranza dei quali erano, oltre che funzionari
nazionali, delegati sindacali dei luoghi
di lavoro.
Importante
fu la rappresentanza
sindacale dei Teamsters che hanno di fatto diretto l’incontro.
E’ stata un’occasione
utile per confrontare le varie esperienze sindacali scoprendo come l’azienda
riproduce in ogni paese le stesse politiche aziendali, lo stesso modello
organizzativo, senza tener conto delle caratteristiche locali.
I temi cruciali che
hanno monopolizzato le discussioni riguardavano
i processi di precarizzazione del lavoro,
l’aumento smisurato dei p/t, soprattutto negli Usa, con conseguente logoramento
della presenza sindacale. Inoltre si è discusso del processo di terziarizzazione. Nei
paesi mediterranei è ormai un processo compiuto nel settore degli autisti
(padroncini) e della movimentazione merci, riducendo fortemente il potere
contrattuale dei lavoratori.
In altre realtà, come
negli Usa, stanno cercando di avviare questo processo a cominciare dai servizi
di linea sulle lunghe distanze ( oggetto
di scontro sul contratto’97).
Si è affrontato il
problema del salario e l’introduzione anche in Europa del doppio regime ( in
Germania ci sono lavoratori dipendenti che a parità di mansione hanno una
diversa paga oraria). Un problema fortemente sentito negli Usa dove a parità di
mansione un p/t percepisce il 50-60% in meno del salario di un f/t.
Si è discusso anche
della sicurezza del lavoro e di come questa sia fortemente legata alle leggi
nazionali ed alla forza conflittuale del sindacato.
Abbiamo potuto osservare
come, in generale, l’atteggiamento dell’azienda nei confronti del sindacato, ed
in particolare con i lavoratori scomodi, sia estremamente repressivo, inoltre
vige una forte disciplina interna, con regole assurde (il divieto di portare
barba ed orecchini).
In Spagna ed in Belgio
esiste la politica di utilizzare dei delatori con lo scopo di controllare
(rovistare nei cestini degli impiegati),
ascoltare e poi relazionare su tutto ciò che avviene negli uffici.
L’obiettivo della
riunione, come indicato dall’ordine del giorno votato, fu:
“...1) costruire un
organo permanente che rappresenti i sindacati Ups su base mondiale che sarà
chiamato comitato sindacale mondiale Itf in Ups...conseguire il riconoscimento
da parte dell’Ups...sviluppare congiuntamente con la Ups un codice di condotta
globale e di responsabilità sociale.
2) stabilire una rete
internazionale di rapporti sindacali...per l’interscambio di informazioni e di
strategie di negoziazione...per mezzo della rete W.W.W. internet, bollettini
informativi e riunioni internazionali...
3) organizzare una giornata
mondiale di lotta entro il 1997 per sostenere un dialogo con la
direzione Ups sui seguenti punti:
a) le conseguenze sulle enormi perdite...come
effetto della sua strategia mondiale.
b)...stabilire in tutti
i paese un dialogo efficace con i sindacati dei lavoratori.
c)...dare priorità
all’impiego indeterminato (ndt. ai contratti a tempo indeterminato) opporsi ai
sub contratti (ndt. ai processi di terziarizzazione, agli appalti).
d) stabilire norme
internazionali in difesa della salute e la sicurezza dei lavoratori, sul
maneggio dei pacchi, sulla produttività degli autisti, l’uso del p/t,
l’introduzione di nuova tecnologia come Diad e scanner.
e) stabilire norme per
il rispetto dei diritti umani dei lavoratori Ups durante il lavoro,...libertà
dei lavoratori contro la vigilanza e nelle pratiche di lavoro e l’interferenza
della compagnia nella vita privata dei lavoratori”.
Il materiale video
registrato durante lo sciopero del 6/02/97 ed il materiale in lingua prodotto per l’occasione
servirono alla delegazione italiana affinché, la lotta iniziata in Italia,
avesse un seguito a livello internazionale –alleanza globale Ups-. Venne
approvato un ordine del giorno per “costruire solidarietà concreta” a sostegno della nostra battaglia.
L’apertura
delle procedure di licenziamento del 6 marzo 1997
Già dal ‘96 diversi
segnali ci portavano a sospettare una possibile riduzione del personale (lo
svuotamento delle mansioni di interi reparti, analisi statistiche sulla
produttività il cui scopo era di verificare quanto conveniente fosse la
terziarizzazione, l’implementazione di nuova tecnologia...).
La RSU lo dichiarava da
lungo tempo e il 6 marzo si spezzò l’incantesimo anche per i lavoratori più
scettici con l’apertura della procedura per il licenziamento di 150 lavoratori
sul territorio nazionale, di cui 82 nella filiale di Milano.
La giustificazione
ufficiale dell’azienda era il costo troppo alto del personale rispetto al
minore volume trasportato.
L’esubero del personale é stato un effetto del
“product lunch”, una politica di marketing volta alla standardizzazione dei
servizi con l’obiettivo finale di diventare leader nel settore espresso. Una
politica che in realtà da tempo denunciavamo: ridurre le attività nel settore
nazionale per l’azienda meno redditizio, e privilegiare il settore
internazionale in continua espansione, che però non si basa sui volumi ma sui
piccoli pacchi e buste. Tutto ciò ha comportato la perdita di grossi clienti
incapaci di adeguarsi alle caratteristiche del nuovo servizio.
Era, quindi, una
riduzione pianificata già dai tempi in cui la Ups rilevò l’Alimondo. Il
corriere italiano orientava il suo servizio quasi totalmente verso il domestico
per poi passare, una volta assorbito (‘92), gradualmente verso quello espresso
internazionale (nel ‘96 il 56% del servizio, nel ‘97 il 62%) con la prospettiva
di aumentare sensibilmente la percentuale nei prossimi anni (il pianificato nel
‘98 è del 66%). L’obbiettivo era:
* Una forte implementazione di tecnologia volta ad aumentare la
produttività riducendo il personale in servizio.
* Totale
terziarizzazione dei processi di carico e scarico delle merci.
* Centralizzazione
negli Usa delle attività di elaborazione e sviluppo dei sistemi informatici.
* Centralizzazione
a Bruxelles della funzione di gestione degli immobili.
* Centralizzazione
europea della manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici e delle
attrezzature.
* Centralizzazione
dell’ufficio acquisti in Germania (quando hai bisogno di cancelleria l’ordine
va fatto in Germania).
* Una
parziale terziarizzazione della fatturazione verso una cooperativa esterna e in
parte presso una sede irlandese.
Alle presunte ragioni
dell’azienda opponevamo le
nostre ragioni: “l’azienda era
passata da bilanci con perdite di decine di miliardi, causa l’acquisizione
della vecchia società, ad un sostanziale pareggio, l’attuale caduta di quote di
mercato era dovuta alle scelte di mercato da parte del management Ups/Europa...
L’Ups ha fatto miliardi col nostro lavoro (ha migliorato il
suo fatturato del 40 % negli ultimi due anni in Italia, a livello mondiale fa
enormi profitti), usiamoli per difendere l’occupazione...
Se l’azienda sceglie l’esternalizzazione e la tecnologia,
togliendoci lavoro, sappia che non può farlo impunemente sulla nostra
pelle...se l’azienda dichiara di essere in crisi noi non possiamo accettare che
i bilanci di ogni nazione siano rappresentativi della realtà aziendale visto
dal momento che è nota a tutti la facilità con la quale può spostare da una
filiale all’altra costi e ricavi e di conseguenza ottenere profitti e perdite a
secondo della necessità.
Questi 150 lavoratori in meno rappresentano nelle
aspettative aziendali un ulteriore guadagno da aggiungere a quello già
esistente”.
“Vogliamo l’apertura dei libri contabili per sapere dove va a finire il
frutto del nostro lavoro...i miglioramenti tecnologici (diad,
standardizzazione, automazione) permettono di risparmiare lavoro...e aumento
dell’intensità del lavoro...perciò proponiamo la riduzione di orario senza
riduzione di salario per tutti i lavoratori. Vogliamo dunque che l’aumento di
produttività non vada ad ingrassare i bilanci aziendali, ma ci permetta di
lavorare meno per vivere meglio”.
La
tecnologia UPS
Il
processo, messo in atto dalla multinazionale, si basa su una forte dose di
trasformazione tecnologica volta a sostituire il personale con le macchine.
Questo è un settore dove è alto il costo del lavoro quindi si tenta di ridurlo,
attraverso la trasformazione di costi fissi in costi variabili (come con le
cooperative e i padroncini). Per quanto concerne le attività amministrative la
scelta cade sulla tecnologia.
Negli
anni ‘90 l’Ups decise che per essere competitiva doveva investire in
tecnologia; nel 92 gli investimenti in tecnologia superano gli investimenti in
camion.
Da
100 persone nel settore informatico del ’86, oggi siamo passati a 4000; da un
processore centrale agli attuali 8; da 50.000 linee telefoniche a 600.000
attuali.
Ups
ha acquisito un proprio sistema di comunicazione (Ups-net) che funziona il 70 paesi ed è collegato con
un satellite. Dispone di 3000 cavi in fibre ottiche e di 500.000 linee di
comunicazione.
L’azienda usa
Ups-net per distribuire i miglioramenti software, per comunicare e per
collegarsi con il Diad.
Il Diad, computer portatile di modeste
dimensioni, di fabbricazione israeliana, affidato agli autisti. I dati in esso
contenuti servono per seguire, passo dopo passo, lo spostamento del pacco e per
garantire questa informazione al cliente. In un futuro non troppo lontano, nel
Diad, si potranno inserire tutti i dati necessari per la fatturazione.
L’intero sistema
si chiama PTS (package tracking system) e si basa su un lettore ottico che
legge il n° di tracking (numero apposto sul documento e sul pacco) registrando
tutti i passaggi logistici-operativi della merce, garantendo un completo
controllo del processo.
Il cliente
telefonando al n° verde per richiedere che venga effettuato il ritiro della
merce, applica sul pacco il tracking che viene letto dallo scanner dell’autista
il quale lo scarica una volta rientrato in sede nel computer centrale. Nel
prossimo futuro in Italia, attualmente solo negli Usa, ci sarà un sistema
telefono/modem cellulare, che permette in tempo reale il trasferimento
bidirezionale delle informazioni tra il veicolo e il centro per poi passare le
informazioni in Ups-net.
In questo modo
tutti i passaggi che fa il pacco (mittente - furgone - deposito - feeder/aereo
- deposito - furgone -destinatario) vengono documentati.
Gli effetti
perversi di questo sistema sono l’aumento della flessibilità, un maggior uso
dei p/t, infatti una maggiore automazione, riduce la professionalità e facilita
la sostituzione di personale aumentandone la produttività. Il processo
tecnologico applicato ai lavori d’ufficio permette di spostare il lavoro
amministrativo nei paesi dove è più basso il costo del lavoro così come è
avvenuto al reparto smantellato dalla ristrutturazione. In Italia esso si occupava del processo di inserimento dati per
la fatturazione dei pacchi trasportati .
eliminato l’archivio cartaceo sono stati introdotti tre scanners che
fotografano le bolle per registrarle su supporti magnetici. Una copia di essa
viene inviata in un paese terzo dove viene manualmente elaborata la fattura,
proprio come avveniva in Italia solo che ora la manodopera costa meno della
metà.
Lotta
contro i licenziamenti: le agitazioni sindacali e le trattative.
La prima iniziativa fu quella del 10/03/97 in cui i
lavoratori fecero un salto di qualità, non solo partecipando allo sciopero, ma
anche rendendosi soggetti attivi della protesta attraverso il blocco dei
cancelli dell’azienda.
In questo modo si
cercava di fermare i
padroncini in uscita, e in particolare le consegne espresse,
importanti per l’immagine pubblicitaria dell’azienda e per i suoi profitti. Lo
scontro che si preparava vedeva la maggioranza dei lavoratori determinati a far
male all’azienda.
Intervenne la polizia,
chiaramente chiamata dall’azienda. La condotta della direzione, che non si
aspettava assolutamente una tale reazione, fu isterica e violenta (fatto
denunciato al questore e alla stampa). Istigavano i padroncini a forzare i
blocchi per poter uscire, ma la “neutralità” espressa nei fatti da parte dei
padroncini ha evitato l’inizio di una drammatica guerra fra poveri. Alla fine
dei blocchi organizzammo un corteo nella zona Camm dove operano altre aziende
di spedizioni. Eravamo alla ricerca di una solidarietà nel settore perché
capivamo di non essere in grado di reggere per molto tempo ad organizzare
questi blocchi.
L’iniziativa del
13/03/97: il coordinamento nazionale aveva dichiarato lo sciopero nazionale di
8 ore. In questa occasione per evitare un nuovo blocco spostarono lo smistamento di
parte della merce internazionale, a nostra insaputa, presso altri corrieri.
Quel giorno ci fu comunque il blocco ma non ebbe la stessa efficacia di quello
precedente. Nell’assemblea che si tenne in seguito si decise che qualsiasi
iniziativa si fosse organizzata non ne sarebbero state ufficializzate né la
data né gli orari.
L’isterismo dell’azienda
arrivò al punto che nelle giornate degli scioperi offrirono il pranzo presso la
mensa aziendale a quei pochi lavoratori presenti (vi fu una denuncia per
attività antisindacale) e le brioches alle lavoratrici del turno mattutino
nella filiale di Vimodrone. Lo sciopero fu attuato nelle filiali di Venezia,
Firenze, Roma, Vimodrone, Bari, Reggio Emilia, Bologna ecc., dove nonostante le
differenze di grandezza tra le filiali, era stato in generale un successo. I
dirigenti e i manager hanno dovuto lavorare notte e giorno per recuperare il
lavoro degli impiegati in sciopero e spendere parecchi soldi nel tentativo di
controbilanciare con gli spot televisivi la cattiva pubblicità causata dai
nostri scioperi.
Lo
sciopero del 26/03/97:
Eravamo coscienti che
per mettere in ginocchio l’azienda era necessario bloccarla per diversi giorni
e a noi mancavano i giusti requisiti. I padroncini stavano a guardare cosa
facevamo e i lavoratori non erano né abituati, né numericamente sufficienti per
fare dei picchetti a tempo indeterminato. L’unica soluzione possibile
consisteva nel costruire delle iniziative che andassero a colpire quello a cui
l’Ups, come qualsiasi azienda di servizi, tiene fortemente: l’immagine.
L’obiettivo: dare un
respiro più amplio all’iniziativa, un carattere “istituzionale”, utile per avere
maggiore spazio sui mass media. Infatti l’incontro con il vice Prefetto e con
il presidente della Provincia ha determinato la costruzione di collegamenti con
una serie di soggetti che iniziavano ad interessarsi a noi: agenzie di stampa
economica, analisti del settore, tv, giornali. Le richieste che facevamo
avevano lo scopo di dare uno spiraglio alla trattativa che si caratterizzava
con l’intransigenza dell’azienda di perseguire il suo obiettivo: licenziare.
Era necessario evidenziare che l’azienda non era in crisi e quindi era molto
scorretto che gravasse sulle casse dello Stato attraverso l’indennità di
mobilità, o che godesse di posizioni di privilegio quali concessioni
aeroportuali e sgravi fiscali. L’obiettivo era anche quello di rafforzare l’iniziativa
internazionale, non solo attraverso fax, comunicati stampa e messaggi via
Internet.
I
delegati spagnoli, conosciuti a Londra nella riunione dell’Itf, con i quali si
stabilì un rapporto continuo, parteciparono all’iniziativa del 26 marzo e ci
aiutarono a costruire e proporre all’Itf una data per l’iniziativa mondiale a
sostegno della lotta italiana. Di lì a pochi giorni il coordinamento spagnolo e quello italiano
proposero che l’iniziativa si svolgesse il 1°maggio..
Come spesso si era sentito dire nella riunione di Londra, la direzione non era
nuova a creare false prove per allontanare i lavoratori più attivi e
sindacalizzati, come è stato per il padroncino, così avvenne con Claudia. La
delegata era la più rappresentativa a Vimodrone, in quanto con maggiore
anzianità lavorativa, inoltre era l’unica che copriva tutto il nastro
lavorativo diventando così il punto di riferimento per i lavoratori part-time
dei vari turni. L’accusa fu quella di sabotaggio, un’accusa grave che la portò,
dopo 15 giorni di sospensione, ad essere licenziata. Questa vicenda ha dato un
serio colpo ai lavoratori di Vimodrone.
Così scrivevamo nel
volantino distribuito il 12/04/97:
“l’allontanamento della delegata servì ai capi per diffondere sottobanco
accuse e sospetti contro Claudia...ricevere delle prese false capita a chiunque
durante il normale svolgimento dell’attività lavorativa. Inoltre esiste la
possibilità...di entrare nel programma di presa del numero verde da qualsiasi
terminale conoscendo il codice d’accesso della persona - per nulla segreto
-...facendo risultare le sue sigle. E’ già stato reso pubblico dai lavoratori
di Milano di come vengano attivati singoli lavoratori per verificare, senza
dichiararsi, come le operatrici rispondono alla clientela...minacce velate e palesi,
lettere di richiamo, sospensioni ecc. sono ordinaria amministrazione contro i
lavoratori scomodi che si fanno avanti nella difesa dei diritti di tutti noi.
Bastone contro alcuni e carote (promesse, brioches calde...) per gli altri”.
Un’accusa che, come è
stato verificato nella causa mossa dalle OOSS, era difficile da provare, ma
purtroppo, era altrettanto difficile provare il contrario. La vertenza si
chiuderà nel settembre del 1997 con il patteggiamento tra la lavoratrice,
demotivata a rientrare, e l’azienda.
Iniziano gli attacchi
anche nei confronti dei delegati di Milano con sempre più serrati controlli da
parte di capi e manager, veri e propri condor, sui nostri spostamenti o su
fatti - provocazioni aziendali - che portano anche a sospensioni considerate
ingiustificate anche dalla pretura di Milano (sentenze per attività
antisindacale del giugno ‘97).
A questo punto era
necessario rafforzare il fronte di lotta cercando di aumentare i lavoratori che
giocassero un ruolo più attivo, ricostituendo un gruppo di appoggio alle
iniziative portate avanti dalle Rsu che si trovarono a gestire una partita
troppo grossa per poterla reggere da soli. Saltare l’ora della pausa mensa per
discutere con i lavoratori era ormai diventata una regola per poter mantenere
alto il livello di scontro.
Presidi
per 2 settimane davanti al negozio Ups
Nella nuova strategia
dell’azienda si era deciso di aprire un paio di “space center” (negozio) a
Milano e Roma per meglio propagandare i propri servizi; l’inaugurazione sarebbe
avvenuta nella prima settimana di aprile. Un’altra provocazione fatta da parte
di questa azienda che, da una parte licenziava un certo numero di lavoratori, e
dall’altra spendeva alcune centinaia di milioni per arredare i negozi con
costosa mobilia proveniente addirittura dal Canada. Iniziava un tour de force
per i membri della Rsu. Un’esperienza importante, costruita con la volontà di
essere più incisivi. Dal 3 al 18 aprile delegazioni di lavoratori presidiavano
tutti i giorni davanti al negozio distribuendo oltre 10.000 volantini e centinaia di adesivi e raccogliendo oltre 500.000 lire come fondo
di solidarietà per poter finanziare la lotta. Questa iniziativa voleva
catalizzare l’interesse della Filt e dell’opinione pubblica e ha visto la
partecipazione di delegazioni di Rsu dell’Atm, delle FS, delle Fnm, della
Danzas, Tnt, Panalpina, Borghi, Dhl, Zust A. e di rappresentanti delle OoSs
locali del settore e della Camera del lavoro. Sono venuti a darci una mano il
Comitato in difesa della scuola pubblica, studenti fortemente sensibili alle
tematiche del lavoro, il comitato lavoratori precari delle Poste, e il comitato
contro il lavoro precario del Centro sociale “Panetteria Occupata”. L’evento
clou è stato l’intervento il 22 aprile del segretario di Rifondazione Comunista,
Fausto Bertinotti, e della deputata Carazzi che ha presentato una interrogazione
parlamentare sulla vicenda Ups. Una partecipazione, quella del segretario,
importante visto il suo impegno nella campagna elettorale della città di
Milano, dando una lezione a chi pensava di vedere in quella disponibilità una
occasione per farsi della pubblicità, invece si trasformò nell’impegno del
partito a costruire, nell’immediato, una proposta di legge sulle cooperative.
Avevamo fatto tutti i passaggi per rendere il più visibile possibile la nostra
lotta. La stanchezza era tanta, la volontà di continuare era forte, i
lavoratori più attivi non vedevano i risultati dell’iniziativa così
massacrante. Avevamo bisogno di uno spiraglio di certezze che ricaricasse i
lavoratori. Il risultato poteva essere sicuramente migliore se fossimo riusciti
a far capire alle confederazioni sindacali, poco sensibili alla lotta e votate
più alla trattativa, che si poteva stringere ancora di più la morsa verso
l’azienda, con un’iniziativa di tutto il settore.