Padroncini e cooperative
Il processo di
ristrutturazione degli anni ‘70 con l’espulsione degli autisti dalle imprese di
trasporto, in molti casi si tramutò in un nuovo rapporto di lavoro tra gli ex
dipendenti e le aziende, i quali, acquistando a prezzi vantaggiosi gli
automezzi, si rimettevano al servizio delle stesse.
In quegli anni
iniziava anche la ristrutturazione del ciclo di movimentazione delle merci
(carico e scarico, stoccaggio, controllo sulle merci...) che, attraverso
procedure di licenziamento collettivo o incentivi alle dimissioni, espelleva il
personale dipendente appaltando l’attività a cooperative, i cui soci spesso
erano ex-dipendenti.
In Ups il lavoro
di carico e scarico delle merci era compiuto in buona parte da dipendenti,
soprattutto studenti universitari, con contratto p/t.
L’obbiettivo
iniziale dell’azienda era di darsi un’immagine vicina ai giovani con
prospettiva di carriera al suo interno, e dopo aver selezionato e formato con
compiti di direzione una parte di essi, l'esigenza di una maggiore flessibilità
dei nastri lavorativi ed una serie di condizioni di lavoro difficili portò allo
scontro con il resto dei lavoratori che cercavano di far rispettare le loro
esigenze.
I problemi erano
di una certa gravità, si andava dalla sicurezza della movimentazione nei feeder
(camion) ai fumi nei capannoni (il che ha portato ad un intervento della Ussl),
alle condizioni ambientali nelle quali lavoravano (spogliatoi inadeguati e
senza riscaldamento, bagni senza acqua calda).
Convinti della
necessità di intraprendere una serie di iniziative, gli operai p/t sono stati
l’unica realtà che è riuscita a mettere in scacco l’azienda nel ’92-93 con
scioperi, controllo dei ritmi di lavoro, azioni dimostrative. (la lotta dei lavoratori p/t delle ribalte
1992-1993)
Il problema, da
parte dell'azienda, venne risolto, dopo aver perso una serie di vertenze
legali, inserendo personale di cooperativa al posto di quello dipendente che,
date le precarie condizioni lavorative, era soggetto alle dimissioni.
Questo determinò
l’estendersi delle cooperative che, già presenti in azienda, vennero usate per
coprire il disimpegno dei lavoratori dipendenti.
Il
coinvolgimento dei lavoratori delle cooperative nell'attività sindacale
aziendale fu praticamente nullo.
Passi in avanti
invece erano stati fatti costruendo un rapporto con i padroncini, che pur
considerati come i lavoratori di cooperativa, l’anello più debole
dell’organizzazione aziendale, se organizzati avrebbero potuto esprimere un
potere contrattuale enorme.
Si fecero con loro
diverse riunioni, il sabato pomeriggio, e notevole fu l'interesse per queste
iniziative.
Il primo compito
della Rsu era quello di superare lo scoglio di diffidenza di questa categoria
ancorata al mito del lavoro autonomo e alle calunnie che raccontavano sul
sindacato aziendale.
La diminuzione
dei volumi dovuta al periodo post natalizio e aggravata dalle scelte aziendali,
portò gli autisti a costruire un confronto con la Rsu.
Il volantino “Insieme per difendere il posto di
lavoro”distribuito agli
autisti per convocare il primo incontro
(18/01/97) riportava:
“...una volta ridotto il volume del
traffico, l’azienda approfitta per parlare della necessità di ridurre i
costi... ottimizzare i costi per Ups significa ottenere uguali profitti con
minori spedizioni ma soprattutto con minor impiego di manodopera... la
direzione aziendale sta pianificando un attacco indiscriminato alle condizioni
generali di lavoro...A questo punto pensiamo che ci siano tutte le condizioni
per unificare la difesa dei diritti di tutti i lavoratori, indipendentemente
dal tipo di contratto di assunzione, nei confronti di questa politica
aziendale...Per questo riteniamo necessario arrivare alla stesura di una
piattaforma rivendicativa comune a tutte le realtà lavorative presenti in azienda.
Chiediamo pertanto di confrontarci su queste tematiche invitandovi...”
Le riunioni
tenutesi nella sede della Filt Cgil avrebbero potuto costituire una
pregiudiziale che si rilevò infondata. Quello che invece spaventava tantissimo
era l’essere spiati dall’azienda e da quel momento oltre le convocazioni
“pubbliche” le discussioni venivano fatte attraverso il telefonino con dei
costi enormi per la Rsu ma anche per i padroncini coinvolti.
Quale fu l’azione
intrapresa?
Il nostro
compito fu inizialmente conquistare la fiducia di questi lavoratori ed avere un
ruolo di coordinamento e di momentanea direzione dell’iniziativa. Ma
soprattutto costruire una piattaforma rivendicativa che salvaguardasse i loro
interessi e che li unisse sulla base di un unico programma rivendicativo.
Il padroncino
inquadrato come lavoratore autonomo, di fatto, vive condizioni peggiori dei
lavoratori dipendenti (devono portare una divisa sia d'inverno che d'estate che
non può essere modificata, sono soggetti
per qualsiasi infrazione a multe a discrezione di un responsabile aziendale,
che può persino sospenderlo per alcuni giorni. Lavoratori che non sono
indipendenti dato che non possono servire altri corrieri (contratti di
esclusiva), non ricevono migliorie per contratto ma semplicemente per
disposizione aziendale.
Una condizione
diversa dagli autisti Ups di altri paesi come gli Usa, dove hanno un potere
contrattuale enorme dato che sono dipendenti, ma molto simile alla realtà
spagnola e latina in generale.
La
caratteristica fondamentale di questi lavoratori che complessivamente
guadagnano poco (appena sopra la media di un lavoratore specializzato) è che
non hanno un orario regolamentato (infatti li si trovava in azienda dalle 7 del
mattino alle 7 di sera) e che vengono pagati a consegna “a stop”. Dalle
riunioni andò emergendo sempre di più la necessità di costituire un
coordinamento degli autisti e un programma rivendicativo da far sottoscrivere
in forma individuale.
Volantino “proposta piattaforma padroncini” del
30/01/97:
1) fermo macchina: un fermo macchina
(mezza giornata) veniva retribuito con lire 50.000, oggi per poter garantire un
rimborso spese adeguato si propongono tre livelli di rimborso
a) furgoni £ 100.000
b) cassonati £ 120.000
c)
camion oltre 35 q. 150.000
2) provvedimenti
disciplinari
qualsiasi provvedimento disciplinare dovrà
essere concordato con il comitato padroncini e non dovrà essere più ad
esclusiva discrezione dei supervisori.
3) aumento degli emolumenti
annualmente il comitato verificherà con
l’azienda gli adeguamenti su indice Istat
4) tassa monopolio postale : qualora
fosse ripristinata dovrà essere a carico dell’azienda
5) lavaggio mezzo: i costi o le
convenzioni a carico dell’azienda
6) divisa: dovrà essere completa
(abbigliamento e scarpe ) e adeguata con caratteristiche estive ed invernali a
totale carico dell’azienda
7) indennità maneggio denaro: sarà del 4%
sul forfettario base giornaliero (180.000) l’indennità quindi corrispondente
sarà di 142.000 al mese. Si chiederà ai singoli padroncini di aderire e promuovere
la piattaforma, sottoscrivendola, anche al fine di poterla integrare con altre
proposte. Questa è la vostra ipotesi di piattaforma, l’aderire permetterà ai
vostri rappresentanti di poter sapere su chi contare”
L'adesione a
questa proposta fu di oltre il 50 % (gli autisti sono circa 90 nella filiale di
Milano).
Da questo
momento la tattica dell’azienda cambia. Da un lato si diceva disposta a
discutere delle rivendicazioni e dall’altro aumentava il giro di vite su tutto
ciò che era fuori regola: dai calzini di colore diverso della divisa ad errori
di compilazione di moduli.
Sentivamo sulla
pelle le pressioni fatte sui padroncini come l’intensificarsi delle riunioni
convocate dall’azienda, che stava innervosendosi al punto di inventarsi cose
assurde sui dipendenti ed in particolare sui delegati. Per es: dopo uno
sciopero indicavano i lavoratori come responsabili del ritardato pagamento dei loro assegni,
creando tensioni così forti con alcuni di loro.
Avevamo paura
che le falsità messe in circolazione dall’azienda incrinassero i rapporti con
gli autisti.
La paura era
soprattutto che venissero scoperti i coordinatori... mentre invece l’azienda
aveva paura che la cosa montasse al punto da perdere totalmente il controllo.
Infine un dirigente del
movimento dei padroncini venne individuato ed allontanato
dall’azienda con scuse ingiustificabili.
Immediata fu la
reazione dell’Rsu e dei lavoratori promuovendo uno sciopero di 1 ora e mezza
che aveva come punti qualificanti: “rientro
del padroncino allontanato e l’istituzione di una commissione paritetica per
una soluzione corretta del caso.
L’apertura di una trattativa in merito al contratto degli
autisti dove le Rsu dei dipendenti sono designati dalla maggioranza degli
autisti come portavoce del movimento”
Ruolo delle confederazioni sindacali
Il sindacato con
le trasformazioni avvenute negli anni ‘70-’80 ha perso quella che poteva essere
considerata la sua forza maggiore: i magazzinieri e gli autisti.
Di seguito la
politica della concertazione ha fortemente indebolito il movimento dei
lavoratori nel settore.
L’atteggiamento
prevalente delle confederazioni fu quello di considerare il problema del
coinvolgimento dei padroncini di difficile gestione, non aiutandoci di fatto a
costruire una prospettiva più ampia.
Le confederazioni
scontano fondamentalmente un pregiudizio decennale verso questi soggetti
considerandoli corporativi.
Questo è vero
quando manca una proposta complessiva da parte delle strutture sindacali.
È importante
capire che in qualsiasi lotta contro il padrone le alleanze tra le diverse
categorie sono fondamentali anche quando possono avere degli obbiettivi che a
prima vista sembrano divergenti.
Altro problema è
l’atteggiamento verso le cooperative dove il principio giusto della
cooperazione si è trasformato in uno strumento di grosso sfruttamento in
mancanza di regole certe.
Spesso noi ed
altri delegati del settore abbiamo condotto una battaglia per mettere al centro
delle nostre iniziative il problema dei processi di precarizzazione del lavoro
ed il ruolo delle cooperative, posizione assunta anche da una parte della
sinistra sindacale nel nostro settore “l’area dei comunisti della Cgil”.
La
lotta per il contratto integrativo
Era chiaro che i
rapporti di forza in azienda erano migliorati e potevamo avere la speranza che
i lavoratori avrebbero reagito alla possibilità di una ristrutturazione che
l’azienda aveva minacciato in una nota ufficiale del 9/01/97 nella quale negava
l’apertura di una trattativa sul contratto aziendale.
L'aspettativa
creata sul contratto aziendale aveva costretto, probabilmente, ad anticipare il
processo di ristrutturazione. Non poche furono le pressioni fatte ai lavoratori
e lavoratrici di Vimodrone, come ai padroncini. Tutto questo era stato messo in
conto. Supponevamo che gli autisti difficilmente sarebbero scesi in lotta se
non avessero visto prima una posizione ferma degli impiegati e/o una loro
significativa vittoria. Comunque il lavoro fatto ci faceva ben sperare in una
loro sostanziale “neutralità” all’inizio degli scioperi.
L’aumento degli
iscritti al sindacato, la partecipazione alle riunioni
preparatorie come pure il forte aumento della partecipazione alle
assemblee avevano determinato le condizioni per colpire seriamente l’azienda
per la prima volta nella sua storia.
Lo sciopero del 6/02/97
Era
necessario mettere sotto pressione l’azienda e soprattutto colpire dove più si
sentiva forte: Vimodrone, la nuova filiale dove è situato il centralino
telefonico che risponde al “numero verde”.Era un rischio da giocare, sapevamo
le pressioni che le ragazze subivano come pure il bassissimo livello di
coscienza sindacale.
Organizzammo
un assemblea interna con le lavoratrici per spiegare il contratto integrativo e
nel frattempo portammo i lavoratori di Milano con un pullman e diverse auto davanti
la sede di Vimodrone per permettere un incontro tra i lavoratori di Milano e
quelli di Vimodrone, accompagnati dalla “Banda degli
Ottoni”
Unire i lavoratori nella
lotta
era il nostro obbiettivo come pure spiegare ai lavoratori di Milano le
difficoltà enormi delle lavoratrici di Vimodrone a cimentarsi con la lotta di
classe senza una guida esperta all’interno dell’azienda
Così
si esprimeva il volantino
fatto dalla Rsa di Vimodrone il giorno stesso dell’iniziativa
“per la prima volta, c’è stato un eccezionale
incontro tra le realtà di Milano e Vimodrone, durante il quale ci si è
confrontati sulle varie problematiche comuni. L’impegno, il trasporto, la gioia
dimostrataci dai nostri colleghi di Milano ci hanno aiutato ad essere consapevoli
del nostro potere d’azione. Si è finalmente creata solidarietà, primo
importante passo per il nostro futuro.”